La Asl e la valutazione dell'operato dei direttori di strutture complesse
In questi giorni con delibera 1253 dell’Asl di Brindisi sono stati costituiti i collegi tecnici incaricati della verifica dell’attività compiuta nell’ultimo quinquennio da alcuni direttori di struttura complessa, i cui incarichi sono già scaduti
In questi giorni con delibera 1253 dell’Asl di Brindisi sono stati costituiti i collegi tecnici incaricati della verifica dell’attività compiuta nell’ultimo quinquennio da alcuni direttori di struttura complessa, i cui incarichi sono già scaduti. Un accertamento importante funzionale al rinnovo dell’incarico per il prossimo quinquennio, che non credo possa degradare o limitarsi ad uno specialismo tecnico fine a se stesso, che serve solo a superare il fastidio di un adempimento burocratico.
Fa specie la constatazione, che in questa circostanza si sia dovuto aspettare la scadenza dell’incarico per effettuare un adempimento, che doveva essere programmato e svolto per tempo, senza difficoltà e senza dover ricorrere alla proroga dell’incarico, come credo si sia nel frattempo accordato a tutti gli interessati. Quello che colpisce però, in questa e in altre vicende analoghe, che si sono verificate in altri enti pubblici del territorio , è la lentezza nel compimento delle normali attività, nei tempi stabiliti, quasi fossero infettati da un virus capriccioso, che in quelle circostanze blocca temporaneamente la loro azione, impedendo l’ espletamento delle normali procedure, che altrove vengono scrupolosamente programmate e rispettate, come si dovrebbe fare anche in questa città.
Intanto in molti si chiedono in base a quali elementi si fonda la decisione di rinnovare il contratto a un dirigente di quel livello. Come si riesce e in base a quali elementi sia possibile valutare l’operato di un dirigente, misurare la sua attività in termini di valore aggiunto, rispetto a quale situazione o organizzazione di riferimento? Si risolve tutto in automatico, con l’uso delle tante espressioni lessicalmente suggestive, che sovente si spendono in queste circostanze nelle pubbliche amministrazioni, utili solo a superare le formalità previste, oppure, come si fa in tante aziende private, si deve valutare l’ apporto professionale in termini di sistema organizzativo realizzato, di efficacia ed efficienza del servizio, di miglioramento della sua qualità, di obiettivi reali preventivamente e annualmente assegnati e verificati?
E ancora, se e in quale conto viene tenuta in considerazione la qualità percepita dai cittadini, il loro grado di soddisfazione rispetto ai servizi offerti? Anche perché non si ha notizia alcuna, sia della effettiva assegnazione e verifica annuale di obiettivi da parte della dirigenza dell’Asl, sia di indagini customer satisfaction per valutare la percezione dei cittadini della qualità dei servizi offerti, per i quali pagano somme considerevoli anche in termini di tassazione e che non possono certamente essere ignorati, tagliati totalmente fuori dal contesto della decisione. In questa come in tante altre circostanze che interessano la loro salute, sulle quali mostrano da tempo evidenti segni di insofferenza ed insoddisfazione .
In molti credono che rispetto alla valutazione di queste ore non possa essere eluso il tema della durata della presenza in servizio dei dirigenti, gli eventuali provvedimenti disciplinari comminati a loro carico, specie quelle di una certa rilevanza, che contengono in sé un elemento di valutazione negativa, che dovrebbe renderli inadeguati per quell’incarico di responsabilità e superflua ogni attività di verifica.
In questo contesto, molti fanno riferimento alla dichiarazione rilasciata a suo tempo all’ emittente Telerama da un consigliere comunale di Brindisi, che denunciava un debito di 3000 ore da parte del dirigente del laboratorio analisi dell’ospedale Perrino nei confronti dell’azienda ospedaliera. Un debito di ore che un comune impiegato a 36 ore settimanali, avrebbe dovuto compensare lavorando gratis per due anni, sempre ammesso che gli fosse consentita quella libertà. Una situazione, si disse, motivata dal fatto, che lo stesso dirigente svolgeva contemporaneamente un altro lavoro, naturalmente retribuito, che di fatto limitava la presenza in ospedale.
Una dichiarazione che prendeva le mosse dalla situazione di grave sofferenza organizzativa di quel settore, che influiva pesantemente anche sui tempi di risposta alle richieste dei pazienti. Vero è che nella nostra realtà si accetta ancora che i dirigenti di quel livello non abbiano alcun obbligo di prestazione oraria nell’esercizio della loro attività, che può essere gestita in completa autonomia, avendo come esclusivo riferimento teorico il buon andamento e il miglioramento dell’attività sanitaria di cui è responsabile. Ma non può non stupire l’esiguità della presenza giornaliera, che sottende l’entità di quel dato e la situazione di difficoltà del reparto interessato. Rispetto ai quali non sono registrati nel frattempo interventi migliorativi.
Tutto comunque lecito, rispetto alle attuali regole. Ma prescindendo dalle regole, che giudichiamo comunque singolari, riesce difficile comprendere come si possa dirigere al meglio una struttura complessa come quella dell’ospedale Perrino, quando si è contemporaneamente impegnato a fare altro. O riuscirci, dedicando ad essa un tempo molto limitato. E infatti la situazione testimoniava che non ci riusciva, a scapito naturalmente del servizio offerto e dei cittadini utenti.
Ma poi quale senso ha il mantenimento di regole, che hanno l’unico scopo di mantenere e salvaguardare situazioni di privilegio, che si dimostrano incompatibili con la qualità del servizio? E’ paradossale la circostanza che mentre in altre realtà, si sta affrontando il tema dell’attività dei direttori di unità operative complesse in termini di presenza minima in reparto, di congrua documentazione delle motivazioni di assenza dal servizio, di scorporo dall’orario di lavoro dei tempi per la libera professione ed le attività extraistituzionali, di miglioramento del servizio e più in generale di eliminazione degli sprechi, da noi latita questo approccio complessivo a favore di un impegno declinato esclusivamente in termini ragionieristici di risparmio, che spesso si traduce in una limitazione della qualità dell’offerta sanitaria pubblica e non quella di miglioramento del servizio.
I tecnici incaricati, come anche la dirigenza dell’Asl dovrebbero tener conto nelle loro valutazione di quelle situazioni, che possono influire negativamente sul livello di efficienza ed efficacia e di tutela della salute dei cittadini. Come già accade.