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Cronaca

Bufera appalti a Cerano: cinque arresti per corruzione tra i quadri Enel

Gli arresti eseguiti all'alba dai militari della Guardia di Finanza. Corruzione è l'ipotesi di reato. In carcere il responsabile all'ambiente e sicurezza. Ai domiciliari gli addetti alla verifica dei lavori, fra i quali l'ex consigliere Pd Vito Gloria, candidato alle ultime elezioni. Indagato a piede libero un imprenditore di Monteroni che lo scorso marzo minacciò di lanciarsi dal nastro trasportatore, segnando l'avvio dell'inchiesta

BRINDISI – Cinque persone (dirigenti e dipendenti della centrale Enel Federico II di Brindisi, uno dei quali licenziato da poco) sono state arrestate alle prime luci di oggi (5 maggio) dalla Guardia di Finanza di Brindisi nell’ambito di un’inchiesta su un giro di tangenti in cambio di appalti a Cerano. L'ipotesi di reato contestata è quella di corruzione.

I nomi degli arrestati. Uno degli indagati Carlo De Punzio, 47 anni, di Mesagne, responsabile ambiente e  sicurezza raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale di Brindisi è stato condotto in carcere. Gli altri quattro addetti alla verifica dei lavori, con rilascio del certificato di avanzamento sono stati arrestati in regime di domiciliari. Si tratta di: Domenico Taboni, 59 anni, di Roma; Fabiano Attanasio, 54 anni, di Brindisi; Vito Gloria, 52 anni, di Brindisi; Nicola Tamburrano, 62 anni, di Torre Santa Susanna. Indagato a piede libero l'imprenditore L. G. P., 47 anni, di Monteroni (Lecce). Gloria è stato consigliere comunale per il Pd, segretario cittadino di Sel, e alle ultime elezioni comunali è stato candidato nella lista Rinasce Brindisi raccogliendo 274 preferenze.

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L'inchiesta è stata condotta dai militari del Gruppo della Guardia di Finanza al  comando del colonnello Tiziano La Grua, in sinergia con i pm Milto De Nozza e Francesco Carluccio. La conferenza stampa nel corso della quale sono stati forniti ulteriori dettagli dell'operazione è stata presieduta dal prucuratore capo, prossimo alla pensione, Marco Dinapoli. 

VIDEO: GLI ARRESTATI CONDOTTI IN CASERMA

Le accuse. Da quanto appurato dagli inquirenti, gli arrestati avrebbero favorito “un’impresa amica” nell’aggiudicazione di più gare d’appalto, rivelando i valori da indicare nelle offerte di gara da presentare. Inoltre avrebbero: attestato falsi stati di avanzamento dei lavori; liquidato fatture per lavori mai eseguiti; omesso di effettuare verifiche e/o controlli, dimostrando di essere stabilmente assoggettati ad interessi personali di terzi. A carico dei cinque indagati è stato anche eseguito un sequestro preventivo per una somma complessiva pari a 230mila euro, fra conti correnti, beni mobili e immobili registrati. 

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L'avvio delle indagini. L'inchiesta parte da una denuncia dell'imprenditore di Monteroni indagato a piede libero. Questi lo scorso marzo, pochi giorni doppo essere salito su un’impalcatura nei pressi del nastro trasportatore della centrale Enel “Federico II” di Cerano,  minacciando di lanciarsi da un'altezza di circa 20 metri, venne convocato in Procura (leggi qui)

L'imprenditore salentino si era aggiudicato un appalto nella centrale, ottenendo il certificato di regolare esecuzione. A distanza di qualche tempo, la stessa ditta aveva ottenuto un altro appalto, poi revocato perché – secondo la versione ufficiale della società – non sarebbero stati svolti a regola d'arte i lavori oggetto del primo appalto. Non sarebbe stata liquidata neppure l’ultima fattura. Nel fascicolo finì anche la lettera che l’imprenditore scrisse all’amministratore dell’Enel, Francesco Starace.

A seguito di tale iniziativa, vennero adottati dei provvedimenti da parte dell'azienda,con il ritiro delle deleghe a un dirigente coinvolto nella verifica ispettiva, il trasferimento o demansionamento di un altro quadro e il licenziamento di un tecnico. Ma anche la procura di Brindisi avviò le iniziative di propria competenza (leggi qui).
 

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