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Cronaca

Il dolore delle mogli: "Carceri inumane"

LECCE – Oramai la situazione carceri a livello nazionale è deprimente. Quella locale altrettanto. Lecce, con il suo penitenziario di Borgo San Nicola – uno dei carceri più affollati d’Italia - sta per scoppiare. I detenuti sono ammassati, il limite dello spazio massimo è stato già di gran lunga oltrepassato. Una delle tante voci di denuncia è quella di una moglie – che raccoglie la sofferenza di tante altre donne – di uno dei reclusi nell’istituto di pena salentino. L’allarme sovraffollamento è legato alla palese violazione dell’articolo 27 della Costituzione Italiana: la responsabilità penale è personale, l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva, le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato, non è ammessa la pena di morte.

LECCEOramai la situazione carceri a livello nazionale è deprimente. Quella locale altrettanto. Lecce, con il suo penitenziario di Borgo San Nicola – uno dei carceri più affollati d’Italia - sta per scoppiare. I detenuti sono ammassati, il limite dello spazio massimo è stato già di gran lunga oltrepassato. Una delle tante voci di denuncia è quella di una moglie – che raccoglie la sofferenza di tante altre donne – di uno dei reclusi nell’istituto di pena salentino. L’allarme sovraffollamento è legato alla palese violazione dell’articolo 27 della Costituzione Italiana: la responsabilità penale è personale, l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva, le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato, non è ammessa la pena di morte.

Luana Ariete, 32enne che vive a Trepuzzi, in provincia di Lecce, mamma di un bimbo di 6 anni e moglie di F.A. (per ragioni di privacy non riportiamo il nome per intero) si è concessa uno sfogo a BrindisiReport.it e soprattutto la possibilità di denunciare la situazione pesante del convivente che è rinchiuso da due anni e mezzo circa fra il carcere di  Frosinone e quello di Lecce. “Oramai non so più a chi rivolgermi per far capire lo stato non umano in cui, così come mio marito tutti gli altri detenuti, vivono nel carcere – racconta Luana Ariete –. Si è arrivati al collasso, per tutto. Dal sovraffollamento nelle celle, alla carenza di assistenza, di acqua e anche di energia elettrica”.

Ciò che viene fuori dal racconto della donna, è che il marito vive con altri due detenuti in una cella – per loro meglio chiamarla “gabbia” – di circa 7 metri quadrati, due a testa, ma calcolando che all’interno ci sono i tre letti, il bagno e una piccola scrivania, per cui lo spazio, si capisce benissimo, si riduce ancora di più. Oltre tutto, ogni detenuto ha il diritto, ogni giorno, di passare sei ore per una discreta – per quanto possa esserlo – socializzazione al di fuori della cella ma, purtroppo, nemmeno questo vien concessa, in quanto Borgo San Nicola, essendo in uno stato di compressione per i troppi detenuti che vi sono rinchiusi, non ha spazio sufficiente per la permanenza all’esterno delle celle.

“Non voglio apparire come una vittima del sistema – continua Luana Ariete -, ma mio marito non ha ancora avuto una condanna definitiva per cui, per la legge, non risulta nemmeno colpevole, ma intanto è da quasi tre anni che vive come una bestia, rinchiuso senza possibilità alcuna di vivere, perlomeno, in modo civile e umano. Sono una persona giusta, e se mio marito dovrà pagare per qualcosa che ha effettivamente commesso, pagherà, ma non si può arrivare al punto di trattare i detenuti come animali. Mio marito non ha più la possibilità nemmeno di potersi fare una doccia giornalmente”.

Il racconto della donna è sconvolgente. Le docce non vengono concesse ogni giorno, dalla direzione del carcere leccese, perché non c’è acqua a sufficienza. Né per bere, né per lavarsi. “Nei giorni festivi – continua la 32enne – loro (i detenuti) lo sanno già che l’acqua è chiusa e non hanno nessuna possibilità nemmeno di sciacquarsi le mani”. Con questo si può immaginare la difficoltà e il grande disagio in cui vivono queste persone – perché oltre al fatto di aver commesso degli errori nella vita , sono pur sempre essere umani – anche solo se durante la giornata c è il bisogno fisiologico di dover andare in bagno.

“Non basterebbe un foglio di carta intero per elencare tutte le privazioni che subisce mio marito insieme a chi vive con lui lì dentro – Luana scarica tutta l’amarezza che si porta dentro – ogni settimana devo inviargli i soldi anche per poter mangiare”. Ovviamente la mensa del carcere, trovandosi lo stesso in sovraffollamento, non riesce a coprire tutti i pasti in maniera soddisfacente e così i detenuti sono costretti a far richiesta al direttore del penitenziario per comprare del cibo che poi gli verrà lasciato in cella. Un detenuto dovrebbe avere – ed è strano anche che debba usarsi il condizionale – il diritto a nutrirsi decentemente, lavarsi, vestirsi e curarsi ma la situazione attuale delle carceri italiane viola tutto ciò. Lo Stato Italiano, versa ogni giorno, per ogni detenuto una somma di 100 euro. Facendo una media, sarebbero più di 3000 euro mensili per ogni persona carcerata. Ma dove vanno a finire questi soldi?

Chi sbaglia, paga (ed è giusto che sia così). Ma c è anche chi è vittima del sistema e l’articolo 27 lo scrive anche forte e chiaro: “Non è ammessa la pena di morte”. Ma forse qualcuno – come già successo – morirà lo stesso. Vigerà ancora il silenzio? Luana Ariete continuerà a battersi come altre mogli, e per questo ha aderito ad Emergenza Carceri, un’associazione che ha inviato una lettera al Capo dello Stato (allegata in calce a questo articolo) chiedendo giustizia per i detenuti.

la lettera al Presidente Giorgio Napolitano

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