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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca

Omicidio Carvone: la "soffiata" di un poliziotto e ombre su altri responsabili

Nuova udienza del processo sulla morte del 19enne, ucciso davanti casa a colpi di pistola. L'imputato accusato di minacce alla testimone chiave avrebbe avuto informazioni di "prima mano" da un uomo in servizio in questura

BRINDISI – Un poliziotto in servizio presso la questura di Brindisi avrebbe fatto una “soffiata” sulle indagini riguardanti l’omicidio di Giampiero Carvone. A ricevere l’informazione (all’epoca nota solo agli inquirenti) sarebbe stata una delle due persone coinvolte nel processo sulla morte del 19enne, ucciso a colpi di pistola la notte fra il 9 e il 10 settembre 2019 davanti alla sua abitazione, al rione Perrino. Si tratta di Orlando Carella, accusato di minacce nei confronti della testimone chiave. 

L’unico a rispondere del reato di omicidio, aggravato dal fine di agevolare le attività del clan brindisino della Scu capeggiato da Andrea Romano, è il 28enne Giuseppe Ferrarese. Il giovane, recluso presso il carcere di Lecce, ha seguito in videoconferenza l'udienza del processo che si è svolta stamattina (martedì 19 marzo) davanti alla corte d’assise del tribunale di Brindisi presieduta da Maurizio Saso (a latere Adriano Zullo). Presenti in aula anche oggi i genitori e altri familiari di Carvone, rappresentati, in qualità di parti civili, dall’avvocato Marcello Tamburini. Ferrarese è invece assistito dagli avvocati Cosimo Lodeserto ed Emanuela De Francesco, mentre Orlando Carella è difeso dall’avvocato Giuseppe Guastella.

Processo Omicidio Carvone (2)

Le confidenze della testimone chiave

Il retroscena sulla soffiata arrivata all’orecchio di Carella è emerso durante l’esame di una teste. Si tratta di un’ex dipendente della pizzeria gestita dallo stesso Carella. I due hanno avuto una relazione sentimentale che si è interrotta circa un anno fa, a seguito della denuncia sporta dalla donna nei confronti di Carella, per atti persecutori e violenza sessuale. Tale vicenda è al centro di un altro procedimento giudiziario che nei mesi scorsi è approdato alla condanna in primo grado di Carella.

La donna, sottoposta a misura di protezione, è arrivata in aula accompagnata da un paio di agenti. Almeno due volte è stata sopraffatta dalla commozione nel rispondere alle domande della pm della Dda di Lecce, Carmen Ruggiero. La teste ha raccontato delle confidenze ricevute dall’ex fidanzata di Giuseppe Ferrarese, diventata testimone chiave dopo aver rivelato che il 28enne le aveva chiesto di coprirlo con un alibi falso per la sera dell’omicidio.

Entrambe le donne lavoravano presso la pizzeria di Carella. “Un giorno - afferma la teste, riferendosi all’ex collega - mi disse che aveva in mano un cellulare (di Ferrarese, ndr) in cui c’erano delle prove (sull’omicidio, ndr) e disse che sapeva chi era stato”. La testimone chiave le riferisce anche del falso alibi che Ferrarese le aveva chiesto di raccontare alla polizia e dei suoi dubbi su come comportarsi, dal momento che aveva paura per i suoi due figli. “Non voleva coprirlo – afferma la teste - ma allo stesso tempo faceva capire che non poteva tenersi per lei questa cosa”.

Da quanto emerge dal racconto della teste, la ragazza si sarebbe poi confidata con Carella, chiedendogli come comportarsi. Lui l’avrebbe invitata a non sporgere denuncia, per evitare possibili conseguenze per i suoi figli. Lo stesso Carella avrebbe riferito alla teste di quel colloquio avvenuto in pizzeria e del suo invito a tacere: “Io gliel’ho detto – le avrebbe riferito l’imputato – che queste cose non si fanno”.

La soffiata del poliziotto

Ma la donna, in realtà, trovò il coraggio di parlare con gli inquirenti, denunciando Carella per minacce. L’imputato lo venne a sapere prima ancora di ricevere la notifica dell’informazione di garanzia e prima ancora che la testimonianza della ragazza diventasse di pubblico dominio. Come? Lo spiega sempre la teste, che in aula ha sostanzialmente confermato le dichiarazioni rese al magistrato circa un anno fa, come persona informata sui fatti. 

Collegio difensivo processo omicidio Carvone

“Carella - afferma la donna - aveva una persona (di cui la teste ignora le generalità, ndr) che conosceva in questura. So che un giorno si dovevano incontrare al porticciolo, dove Carella aveva una barca, perché aveva una notizia importante da dirgli. Gli confidò di stare attento perché la (omissis) aveva denunciato che era stata minacciata dal signor Carella”.

La donna, come detto, si è commossa almeno un paio di volte nel rievocare quei giorni, poiché anche lei ha temuto per la sorte dei propri cari. “Ha detto che l’avrebbero pagata i miei figli e anche i miei fratelli – dichiara la teste, riferendosi ancora a Carella – se avessi detto qualcosa che lo riguardava”. 

Ombre su altri responsabili

Successivamente, collegato in videoconferenza, è stato esaminato uno dei collaboratori di giustizia che hanno parlato del coinvolgimento di Ferrarese nell’omicidio. Si tratta del mesagnese Emanuele Guarini, ex affiliato alla frangia mesagnese della Scu, condannato a 30 anni per l’omicidio di Nicolai Lippolis. Nel giugno 2023, prima di avviare il percorso da collaboratore, Guarini conobbe Ferrarese presso la casa circondariale di Lecce. Il 28enne gli mostrò gli atti del procedimento e gli chiese dei consigli sull’iter processuale da intraprendere. “Alla fine – dichiara Guarini, interrogato dalla pm Ruggiero - mi disse che non voleva far pagare qualcuno che non c’entrava. Mi accollo io le responsabilità – avrebbe detto Ferrarese a Guarini - perché sono stato io. Non voleva che altri (di cui il collaboratore di giustizia non sa i nomi, ndr) pagassero al posto suo. Lui diceva di essere colpevole. Diceva che era lui l’esecutore”.

Pm Carmen Ruggiero

Tali dichiarazioni potrebbero aprire nuovi scenari sull’eventuale coinvolgimento di altre persone. E’ il giudice Saso a rilevarlo. “Il termine accollarsi - afferma il presidente della Corte d’assise - lascia intendere che potrebbero esserci altre responsabilità che Ferrarese volesse lasciare in ombra”. Sempre su richiesta della pm Ruggiero, inoltre, Guarini conferma l’inserimento di Davide Di Lena e Luca Ciampi nella Scu di Mesagne.

Totleben smentisce collaboratore di giustizia

Poi si passa all’esame di Cosimo Totleben, condannato in primo grado in un procedimento connesso pendente in appello. Come già riferito nel marzo 2022, quando fu ascoltato come persona informata sui fatti, Totleben ha raccontato che la sera del 9 settembre 2019 si incontrò con Giampiero Carvone. Il 19enne gli chiese il favore di supportarlo nel furto di un’auto, per sostituire i pezzi danneggiati di una Lancia Delta che lo stesso Carvone aveva rubato nei giorni precedenti a persone che abitavano al rione Perrino. Proprio il furto della Delta è l’episodio alla base dell’omicidio.

Carvone infatti sarebbe stato ucciso “per aver riferito ad un uomo di spessore, assai temuto – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare emessa nel giugno 2022 a carico di Ferrarese - i nomi dei suoi complici nel furto”, tra cui proprio Giuseppe Ferrarese. Questi nei mesi scorsi ha confessato di aver ucciso Carvone, al culmine di una discussione scaturita dal suo rifiuto di accompagnarlo nel furto d’auto "riparatore". “Gli ho preso la pistola - ha detto in una precedente udienza - e ho cominciato a sparare per farlo allontanare. Ho mirato alle gambe. Non volevo ucciderlo”. 

Tornando a quella notte, Totleben riferisce di essere arrivato sul luogo del delitto mentre il corpo di Carvone, ancora in vita, veniva trasportato in ospedale. Il teste smentisce perentoriamente le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Alessandro Polito. Questi ha riferito di una conversazione telefonica avuta con Totleben un paio di giorni dopo l’omicidio, nel corso della quale lo stesso Totleben gli avrebbe detto di aver assistito al delitto. “Lo nego – afferma Totleben – perché non è vero. Non riesco a capire perché abbia fatto delle dichiarazioni contro di me". Ma il giudice avanza delle perplessità: “Lei mi pare - afferma Maurizio Saso, rivolgendosi al teste - che a queste domande non abbia risposto in maniera soddisfacente”. 

La prossima udienza è prevista per il 23 aprile, quando saranno ascoltati gli ultimi testi dell’accusa. 

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