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Martedì, 19 Marzo 2024
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"Sistema sanitario da terzo mondo in provincia di Brindisi"

I segretari generali dei sindacati Cgil, Cisl e Uil denunciano attraverso una nota congiunta il fenomeno delle extralocazioni

Riceviamo e pubblichiamo una nota congiunta a firma dei segretari generali provinciali dei sindacati Cgil, Antonio Macchia, Uil, Antonio Castellucci, e Uil, Tonino Licchello, sulla situazione della sanità pubblica nel Brindisino.

La sanità della Provincia di Brindisi negli ultimi tempi ha subito un forte regresso, ad un punto tale da mostrare quotidianamente le mancanze di un sistema che si sta sgretolando, rischiando di non poter più garantire i Livelli Essenziali di Assistenza. Senza considerare che le lunghe liste d’attesa presenti in provincia sono quanto di più contrario al pensiero di una buona sanità. Allo stato solo chi può permettersi l’accesso sanitario in intramoenia, ovvero a pagamento, può sperare in un intervento tempestivo, con la conseguenza di sempre e più diffusi fenomeni di autoesclusione per coloro che non possono permettersi il pagamento privato sanitario. Tuttavia l’espressione più eclatante di questo stato di crisi del sistema sanitario si evidenzia in particolar modo nell’ospedale “Perrino” di Brindisi che è letteralmente travolto da un iperafflusso di utenti, a causa della chiusura dei reparti di ricovero degli ospedali di Mesagne, Fasano e San Pietro Vernotico, che ha acuito la rilevante e inammissibile carenza di posti letto disponibili.

Non solo il Piano di Riordino ospedaliero penalizza fortemente il nostro territorio con una media del 2,7 pp.ll. ogni 1000 abitanti contro una media regionale del 3,4 e, oltretutto, ben al di sotto del 3,7 previsto dal D.M. 70 , ma il managment aziendale si sta inopinatamente avventurando solo a dismettere strutture senza avviare le previste attivazioni. Facendo un calcolo tra i pp.ll. letto dismessi e quelli non ancora attivati si registra un ulteriore taglio di circa 150 pp.ll., abbassando il rapporto pp.ll./abitanti dal previsto 2,7 al 2,1.

Inoltre, la riconversione degli ospedali dismessi e la riorganizzazione dell’attività territoriale di fatto non è avvenuta e si è solo proceduto a tagliare i nastri per inaugurare il nulla (ancora si aspettano le attivazioni degli ospedali di comunità).

Dunque, le conseguenze di ciò si sono scaricate sul pronto soccorso del predetto ospedale, sempre più congestionato, in cui le attese dei pazienti vanno oltre quello che il buon senso suggerisce, e complessivamente sulla medesima struttura provinciale di riferimento che, non avendo sufficiente disponibilità di pp.ll. per i ricoveri in alcuni reparti, i preposti medici sono costretti a ricorrere al fenomeno delle extra – locazioni, ovvero pazienti internistici “lato sensu” dislocati su diversi piani con sostanziale impossibilità ad essere raggiunti tempestivamente, in caso di urgenza – emergenza dall’internista di turno.

Pensiamo ad una reazione anafilattica o ad una qualunque reazione avversa a farmaco, ad esempio. Esiste una circolare del Ministero che, in caso di somministrazione di emoderivati, deve esserci un medico in grado di intervenire tempestivamente. La dislocazione su piani diversi dei pazienti in carica ad un geriatra o internista impedisce questo tipo di assistenza, in qualsiasi turno, ma a maggior ragione di notte e nei festivi, quando subentra la guardia interdivisionale: nella giornata del 3 gennaio u.s. la stessa aveva in carico 88 pazienti geriatrici; 49 internistici e 16 del reparto infettivi (che spesso includono anche bambini che non sono di competenza geriatrica o internistica ma ricadono ugualmente nella guardi interdivisionale). In sostanza, un solo medico disponibile per circa 160 pazienti (una situazione da terzo mondo).

Naturalmente la dislocazione non pone problemi solo in emergenza ma anche nel cronico: a quanti minuti di attenzione medica ha diritto un ricoverato in un giorno? Facendo un calcolo approssimativo, per eccesso, con 90 pazienti un medico può dedicare 16 minuti nelle 24 ore ad ognuno di essi. Ed ancora, pensiamo ad un paziente affetto da polmonite o con piaga da decupito o con Klebsiella ricoverato nella stessa stanza di un paziente operato e, quindi, con sistema immunitario ridotto: rischiano la vita entrambi.

Ebbene si: i pazienti vengono dislocati in reparti chirurgici (solo la U.O.C. di ortopedia conta la presenza di circa 14 pazienti geriatrici extra locati). Quegli stessi reparti che non potendo ricoverare i loro pazienti sono costretti ad allungare le liste d’attesa magari anche per pazienti oncologici. Quegli stessi reparti che di notte e nei festivi non hanno medico perché sono reperibili, ma solo per urgenze di sala operatoria.

Il fenomeno denunciato è di dimensioni importanti: nella solo giornata del 3 gennaio u.s., come spesso avviene, nella U.O.C. di geriatria, a fronte di 30 pp.ll. ufficiali (più 3 per isolamento pazienti positivi per Klebsiella ) erano ricoverati 88 pazienti di cui 53 extralocati; nella U.O.C. di Medicina interna, a fronte dei 31 pp.ll. previsti (quelli previsti per isolamento pazienti positivi alla Klebsiella sono stati aboliti per il soverchiante numero di extra locati ), sempre nella medesima giornata, come prassi, erano ricoverati 49 pazienti di cui 18 extralocati.

Quanto denunciato merita certamente un rapido cambio di rotta, per ripensare l’attuale politica gestionale dimostratasi fallimentare. È finito il tempo delle riunioni di facciata che si concludono con i “poi vedremo”. Le OO.SS. hanno atteso anche troppo, aperto grandi linee di fiducia, prestato attenzione, ma nulla è mutato se non in peggio. Non si può far finta di nulla, in quanto una cosa sono le relazioni sindacali e la concertazione  (vera o presunta ?), che ha richiesto tempi troppi lunghi e senza risultati tangibili, un’altra è correre il rischio di divenire corresponsabili di questo vero e proprio attentato alla salute dei

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