rotate-mobile
Cronaca Ostuni

Attentati a Ostuni, tormentata deposizione dell'imprenditore Giovanni Epifani

BRINDISI – E’ stato doloroso e drammatico per Giovanni Epifani, 53 anni, imprenditore edile ostunese, consigliere provinciale e regionale del centrosinistra, ricordare le minacce, i ricatti ricevuti tra il 2008 e il 2009. “Per me non era tanto importante il quantum della richiesta estorsiva ma il dolore che questi attentati davano ai miei familiari; e soprattutto a mio padre, molto malato, la cui unica cura doveva essere la serenità. Lui aveva capito che qualcosa non andava e ne soffriva tanto anche se non gli abbiamo mai detto niente; poi in agosto ci ha lasciati”, ha detto con la voce rotta dall’emozione e da un violento impulso di piangere che gli stringeva la gola.

BRINDISI – E’ stato doloroso e drammatico per Giovanni Epifani, 53 anni, imprenditore edile ostunese, consigliere provinciale e regionale del centrosinistra, ricordare le minacce, i ricatti ricevuti tra il 2008 e il 2009. “Per me non era tanto importante il quantum della richiesta estorsiva ma il dolore che questi attentati davano ai miei familiari; e soprattutto a mio padre, molto malato, la cui unica cura doveva essere la serenità. Lui aveva capito che qualcosa non andava e ne soffriva tanto anche se non gli abbiamo mai detto niente; poi in agosto ci ha lasciati”, ha detto con la voce rotta dall’emozione e da un violento impulso di piangere che gli stringeva la gola.

“Si tranquillizzi – di rimando il presidente del tribunale Gabriele Perna-, può rispondere con calma”. Passato questo momento di emozione l’imprenditore ostunese è ritornato padrone di sé ed ha risposto alle domande del pubblico ministero Milto De Nozza, delle parti civili e dei difensori dei quattro imputati, tutti detenuti: Denis Loparco, Alfredo Capone, Giovanni Basile e Pierluigi Cisaria, ostunesi, accusati di associazione mafiosa, attentati, minacce, estorsioni, tentate estorsioni. Reati commessi nei confronti del sindaco di Ostuni Domenico Tanzarella, di amministratori, funzionari comunali, imprenditori.

Epifani ha anche zittito gli imputati che dal gabbione dell’aula Metrangolo ironizzavano mentre l’imprenditore sedute con le spalle rivolte loro parlava della sua condizione economica. Imprenditore edile, contitolare del bar <H 24> nel 2008, all’epoca era anche consigliere comunale, finì nelle grinfie di una banda di taglieggiatori. I suoi persecutori Epifani li ha individuati in Capone e Loparco.

“Era metà dicembre del 2008 – ha riferito il teste, nonché parte lesa -. Il sindaco Domenico Tanzarella mi disse di raggiungerlo nel suo ufficio di gabinetto del Comune. Mentre attraversavo il salone vidi uscire dalla stanza del sindaco un uomo che incrociandomi mi guardò con insistenza”. Cosa accadde dopo? gli chiede De Nozza. “Appena entrato dal sindaco – risponde Epifani – lui mi domandò: ‘Hai incontrato qualcuno?’. Risposi di sì. ‘Si chiama Alfredo Capone – mi spiegò il sindaco -. E’ venuto a chiedermi per conto di alcuni suoi complici di avere una percentuale sugli appalti pubblici che noi assegniamo. Gli ho risposto che non è possibile perché del denaro pubblico non si può toccare nemmeno un centesimo. E lui ha replicato che se non ce li date come amministrazioni ci faremo dare 200mila euro da Giovanni Epifani’. La cosa mi intimorì ma non ci feci molto caso”.

Non finì lì. Il 23 dicembre si tenne una riunione del consiglio comunale.  “Finimmo tardi – depone Epifani -. Uscii assieme al sindaco e al vice sindaco. Nell’attraversare la piazza notammo due persone che stavano sul lato della strada, vicino al tabaccaio. ‘Vedi quei due – mi disse il sindaco -, sono Capone e Loparco’. Il sindaco, per non farmi passare da solo davanti ai due, mi fece salire sulla sua vettura, facemmo un giro lungo, anche imboccando un controsenso e mi accompagnò alla mia auto. I due si erano piazzati nei pressi e quando mi avvicinai per salirci su, mi guardarono fissò negli occhi”.

E’ il 13 gennaio 2009. Ore 6,30. Giovanni Epifani, 35 anni, cugino di secondo grado e socio dell’imprenditore-politico, va ad aprire come ogni mattina il bar “H 24”. Alza la saracinesca e sulla vetrata vede dei fori.  Sono tipici d’arma da fuoco. Chiama il cugino. Quindi arriva la polizia. Verso le 8 i due cugini si spostano in commissariato per sporgere denuncia contro ignoti. Tra una verbalizzazione e l’altra Giovanni Epifani (politico) chiede al cugino se per caso ha mai notato qualcosa di strano e se nel bar era mai andato un tale di nome Denis Loparco.

Epifani gestore del bar rammenta che Loparco ci è andato diverse volte da solo o in compagnia, qualche volta anche con la famiglia. Ma gli è rimasto impressa la domenica mattina quando è arrivato subito dopo il cugino e due suoi amici, che ogni mattina fanno colazione in un angolo appartato. Loparco ha consumato un caffè, ha dato un’occhiata ai giornale e prima di andare via si è affacciato in quella saletta.

“Mi seguiva – aggiunge Giovanni Epifani (politico) -. Aveva scoperto ogni mia abitudine, tanto che ero stato costretto a cambiarne molte, tranne quelle di andare la mattina dal barbiere e con lui e un altro amico a fare colazione al bar. Se non lo avessi fatto più si sarebbero insospettiti e non volevo che sapessero quello che stavo subendo. Io e mio fratello Matteo e mio cugino Giovanni non avevamo detto niente a nessuno, nemmeno ai nostri familiari. Che, però, vedendomi cambiare le abitudini, avevano cominciato a chiedersi il motivo”.

L’avvocato Elvia Belmonte ha contestato al teste il fatto che nella denuncia fatta alla polizia non quantifica la cifra dei 200mila euro, ma parla vagamente di estorsione. “E cosa cambia? – risponde determinato Epifani - Ora mi ricordo e lo sto dicendo. All’epoca per me era più importante la serenità dei miei familiari che la cifra. Era ai miei che pensavo, non certo al denaro”.  Con quella denuncia gli agenti arricchiscono il quadro già ampio che hanno sugli attentati che da mesi si susseguono in Ostuni. Belmonte chiede anche a Epifani se lui ha partecipato ad una gara di appalto per la costruzione del palasport a Francavilla Fontana. “Si - risponde -, partecipai a quella gara che fu assegnata ad uno dei partecipanti con sentenza del Tar”.

Subito dopo Epifani è stato sentito il cugino. Ha confermato  tutto quando già verbalizzato. Unica differenza fatta notare dai difensori degli imputati è che nel verbale agli atti dice di avere avvertito il cugino imprenditore che era pedinato da Loparco la domenica in cui l’uomo andò a spiare nella saletta, mentre oggi in udienza ha detto di averlo fatto dopo l’attentato al bar. “E’ stato dopo l’attentato, quando lui mi ha chiesto se lo avessi notato”, ha replicato ed è stato congedato.

L’ultimo imprenditore ascoltato oggi è stato Oronzo Luigi Francioso, ostunese, meccanico, socio dei fratelli Luca e Roberto Marzio e altri nella gestione dell’hotel villaggio “Città bianca”. Francioso ha parlato degli attentati subiti alla sua officina e all’albergo. In apertura di udienza invece sono stati ascoltati alcuni poliziotti. Tra questi l’artificiere Giuseppe Radaelli che il 16 febbraio 2009 intervenne in via don Luigi Sturzo per prelevare la busta di plastica contenente una bomba a mano di colore rosso, tipo militare, vecchia, appesa allo specchietto retrovisore esterno dalla Smart di Luca Marzio. Alla bomba era attaccato un ritaglio di giornale con la scritta: “L’infarto, il cioccolato lo tiene lontano”.

Interrogato anche il poliziotto Francesco Bufano in servizio a Ostuni.  Bufano ha ricordato la telefonata anonima arrivata al commissariato la sera del 16 febbraio 2009 con la quale veniva annunciata la bomba alla vettura di Marzio. Subito dopo furono scoperti anche cinque bossoli calibro nove poggiati sul parabrezza della Ford Focus di colore blu dell’avvocato Domenico Tanzarella, utilizzata dal figlio. La vettura era parcheggiata di fronte allo studio. “Pochi minuti prima – dice il poliziotto – avevamo notato Loparco e Capone che stavano parlando vicino alla vettura Suzuki del primo. Quando siamo arrivati davanti allo studio del sindaco Tanzarella non abbiamo toccato niente. Io e il mio collega Fanelli eravamo in abiti civili e con una vettura civile. Ci siamo appostati. Dopo una decina di minuti è passato Capone a bordo della sua Passat Blu. A bordo forse c’era il figlio. Quando è arrivato accanto all’auto dell’avvocato Tanzarella ha rallentato guardando prima il parabrezza, dove stavano posate le pallottole, e poi verso le finestre dello studio. Quindi si è accorto del mio collega ed ha accelerato e non lo abbiamo più rivisto”.

Il primo aprile del 2009 i quattro vengono arrestati nell’ambito dell’operazione “New Deal”. Il processo inizia a febbraio. Il Comune si costituisce parte civile con l’avvocato Ennio Masiello. Le altri parti lese si affidano agli avv. Musa e Semeraro. Loparco in quella occasione consegna un memoriale in cui dice di essere vittima con i coimputati del sistema-Ostuni. E cioè di Tanzarella, degli amministratori, dei fratelli Marzio. Che prima li avrebbero utilizzati per farsi la guerra tra loro e poi li avrebbero buttati a mare facendoli arrestare. Parla anche dell’incarico che avrebbe ricevuto da Tanzarella dagli altri per fare irruzione negli uffici comunali di Francavilla Fontana, con l’obiettivo di sottrarre l’elenco delle offerte per l’asta pubblica relativa al palazzetto. Su tutte queste accuse Loparco è stato sentito in carcere. Ma ha pure ricevuto diverse denunce per calunnia.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Attentati a Ostuni, tormentata deposizione dell'imprenditore Giovanni Epifani

BrindisiReport è in caricamento