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Cronaca

Condannato torna a casa, con il braccialetto elettronico. Primo caso a Brindisi

Ai domiciliari, ma con il braccialetto elettronico. E' il primo caso a Brindisi di tele-controllo continuo da parte delle forze dell'ordine: il pioniere è Gianluca Lorè, 30 anni di Brindisi. L'uomo, dopo aver reso piena confessione di una tentata rapina compiuta a Oria, è stato condannato a una pena di un anno di reclusione.

BRINDISI - Ai domiciliari, ma con il braccialetto elettronico. E’ il primo caso a Brindisi di tele-controllo continuo da parte delle forze dell’ordine: il pioniere è Gianluca Lorè, 30 anni di Brindisi, difeso dall’avvocato Giampiero Iaia. L’uomo, dopo aver reso piena confessione di una tentata rapina compiuta a Oria, è stato condannato dal gup Maurizio Saso, al termine di un processo con rito abbreviato, a una pena di un anno di reclusione. Si trovava in carcere dallo scorso novembre. L’istanza di attenuazione della misura presentata dalla difesa è stata accolta dal giudice. A una condizione, per altro proposta dal legale: il braccialetto elettronico, che in realtà si indossa alla caviglia.

Gianluca LorèE’ naturalmente necessario il consenso del diretto interessato. Lorè, del resto, era stato arrestato da irreperibile dagli agenti della Squadra mobile di Brindisi che lo avevano bloccato alcuni mesi dopo la tentata rapina di Oria nel parcheggio del centro commerciale Auchan di Mesagne. Su di lui pendeva una ordinanza di custodia cautelare proprio per l’assalto fallito al laboratorio orafo “Re Mida”. I fatti risalgono al 22 giugno. Loré, con precedenti, entrò in azione insieme alla 38enne Teresa Crisafi, originaria di Palermo ma residente a Bologna. Fu la 38enne a varcare per prima la soglia del negozio, fingendosi cliente. Pochi minuti dopo, tentò di entrare anche Lorè. Ma la titolare del negozio si rifiutò di aprirgli la porta, dopo aver notato qualcosa di strano nel modo di fare della donna. A quel punto, la donna estrasse un taglierino puntandolo alla gola della vittima. Vista la male parata, Loré si diede alla fuga. Anche la sua complice, in seguito all'intervento del marito dell'orafa, titolare di un negozio di ottica situato nei pressi dell'oreficeria, lasciò il locale a mani vuote, dileguandosi a bordo di una Lancia Y di colore grigio chiaro.

I carabinieri della stazione di Oria, grazie a una serie di accertamenti incrociati, ricostruirono il tragitto seguito dalla donna durante la fuga e nel giro di poche settimane identificarono entrambi i complici. La siciliana venne arrestata la prima metà di ottobre. Di Loré, invece, non venne trovata alcuna traccia. Quando i poliziotti lo scovarono nel parcheggio del centro commerciale, diede nome falso. Ma fu riconosciuto e condotto in cella. Ci è rimasto fino ad oggi. In aula ha reso dichiarazioni spontanee e ha ammesso gli addebiti, fornendo ogni particolare. Ha rimediato la condanna a un anno di reclusione, tenuto conto dello sconto di un terzo della pena previsto dal rito abbreviato. Ed è tornato a casa, grazie allo svuota-carceri e alla tecnologia. 

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