rotate-mobile
Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Canali, chiesta assoluzione per Melechì

TORRE SANTA SUSANNA - “Quel Daniele, non è Melechì. E’ un'altra persona, per di più balbuziente”. La contestazione, mossa dall’avvocato difensore di Daniele Melechì, si riferisce a una conversazione tra uno dei luogotenenti del clan, per l’appunto Daniele Melechì, e il capo della presunta associazione per delinquere di stampo mafioso con base operativa nella masseria “Canali” di Torre Santa Susanna i cui componenti, dopo le condanne in primo grado, stanno affrontando il processo in appello, a Lecce.

TORRE SANTA SUSANNA - “Quel Daniele, non è Melechì. E’ un'altra persona, per di più balbuziente”. La contestazione, mossa dall’avvocato difensore di Daniele Melechì, si riferisce a una conversazione tra uno dei luogotenenti del clan, per l’appunto Daniele Melechì, e il capo della presunta associazione per delinquere di stampo mafioso con base operativa nella masseria “Canali” di Torre Santa Susanna i cui componenti, dopo le condanne in primo grado, stanno affrontando il processo in appello, a Lecce.

A parlare nell’ intercettazione ambientale contestata, oltre al “Daniele” su cui c’è ancora qualche perplessità, anche Andrea Bruno, il “boss” e Vincenzo Bruno, un altro personaggio dalla posizione apicale nell’organizzazione. Siparlava delle armi del gruppo criminale. Per i dubbi sul riconoscimento degli imputati, e in particolare di Melechì che in primo grado è stato condannato a 9 anni e 3 mesi, l’avvocato Raffaele Missere ha chiesto una nuova perizia, nel corso del secondo grado di giudizio, per confrontare la voce del presunto affiliato con quella di colui che parla con i due Bruno.

Al termine della propria arringa, Missere, ha anche chiesto l’assoluzione dal reato associativo e da ogni altra imputazione contestata a Melechì che continua a professarsi innocente. Il processo è aggiornato al 31 ottobre scorso. Va ricordato che al termine della requisitoria il pg Claudo Oliva aveva presentato per tutti gli imputati un conto più salato rispetto alle condanne inflitte dal Tribunale di Brindisi.

La pena più alta in primo grado toccò al “reggente pro tempore”, il boss Andrea Bruno, condannato a 26 anni di carcere a fronte dei 30 richiesti dalla pubblica accusa, sostenuta dal pm Milto De Nozza; 19 anni per Emanuele Melechì (pena richiesta 29 anni), 17 anni per Vito Fai (pena richiesta 22 anni), 13 anni per Pietro Fai, 9 anni e 3 mesi per Daniele Melechì, 7 anni per Vincenzo Bruno al quale sono state concesse le attenuanti generiche e Cosimo Melechì condannato anche al pagamento di una multa di 30 mila euro, 5 anni per Cosimo Damiano Torsello. Furono assolti Graziano Fai ed Americo D’Abramo.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Canali, chiesta assoluzione per Melechì

BrindisiReport è in caricamento