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Cronaca

Le segretarie di Tecnova in lacrime davanti al gip: "Anche noi schiave"

BRINDISI - Sono durati oltre tre ore gli interrogatori di garanzia di fronte al gip Maurizio Saso delle due segretarie della Tecnova Italia, società spagnola con sede a Brindisi, i cui dirigenti sono finiti in manette con l’accusa di riduzione in schiavitù degli ottocento lavoratori extracomunitari impiegati nella realizzazione dei campi di silicio fra Brindisi e Lecce. L’accusa, per Anna Maria Bonetti, 27 anni, nata a Putignano e residente a San Pietro Vernotico e Tatiana Tedesco, 26 anni, di Brindisi, entrambe collaboratrici di studio al fianco di Manuela Costabile, 25 anni, di Brindisi, responsabile amministrativa della società spagnola, è di aver fatto parte dell’associazione a delinquere capeggiata dai presunti schiavisti. Le due donne, difese dai legali Gianvito Lillo e Pasquale Rizzo, hanno detto, in lacrime: “Eravamo schiave anche noi”. Nel corso del lungo interrogatorio di garanzia hanno raccontate d’essere state loro stesse sottoposte a orari di lavoro massacranti, dodici ore al giorno, festivi compresi, per uno stipendio pari a 950 euro al mese. Entrambe hanno inoltre sostenuto di non avere ricevuto delle mensilità arretrate, di cui sono ancora in attesa, e di aver accettato la condizione di sfruttamento per totale assenza di alternative sul piano lavorativo.

BRINDISI - Sono durati oltre tre ore gli interrogatori di garanzia di fronte al gip Maurizio Saso delle due segretarie della Tecnova Italia, società spagnola con sede a Brindisi, i cui dirigenti sono finiti in manette con l’accusa di riduzione in schiavitù degli ottocento lavoratori extracomunitari impiegati nella realizzazione dei campi di silicio fra Brindisi e Lecce. L’accusa, per Anna Maria Bonetti, 27 anni, nata a Putignano e residente a San Pietro Vernotico e Tatiana Tedesco, 26 anni, di Brindisi, entrambe collaboratrici di studio al fianco di Manuela Costabile, 25 anni, di Brindisi, responsabile amministrativa della società spagnola, è di aver fatto parte dell’associazione a delinquere capeggiata dai presunti schiavisti. Le due donne, difese dai legali Gianvito Lillo e Pasquale Rizzo, hanno detto, in lacrime: “Eravamo schiave anche noi”. Nel corso del lungo interrogatorio di garanzia hanno raccontate d’essere state loro stesse sottoposte a orari di lavoro massacranti, dodici ore al giorno, festivi compresi, per uno stipendio pari a 950 euro al mese. Entrambe hanno inoltre sostenuto di non avere ricevuto delle mensilità arretrate, di cui sono ancora in attesa, e di aver accettato la condizione di sfruttamento per totale assenza di alternative sul piano lavorativo.

Lo sfruttamento bestiale insomma, ai danni degli schiavi del fotovoltaico alle dipendenze di Tecnova Italia, era consuetudine diffusa per gli spagnoli di Tecnova, almeno secondo le due collaboratrici di studio della Costabile la quale, secondo l’accusa, aveva invece parte attiva nel sistema dell’azienda (per quanto sulla 25enne non penda l’accusa di riduzione in schiavitù). Proseguono intanto le indagini degli inquirenti sul fronte dell’apparato societario, un articolato sistema di scatole cinesi di cui la società finita nel mirino della procura risulta essere solo l’anello terminale. Tecnova di quel sistema sarebbe solo l’ultimo anello, in qualità di subappaltatrice dei lavori di realizzazione degli impianti, di cui risultano essere proprietari i cinesi della Global Solar Fund (Gsf). La multinazionale impegnata nel campo delle rinnovabili è la stessa che a dicembre scorso ha acquisito il controllo totale delle azioni della joint venture costituita nel 2009 con la Italgest Photovoltaic, di proprietà fino a quel momento dell’imprenditore salentino Paride De Masi.

La Italgest è una delle società finite nel mirino dell’inchiesta  in corso, l’altra è la Osiride Solar, proprietarie rispettivamente di due campi di fotovoltaico a Salice Salentino e Guagnano i cui lavori erano stati appaltati ai presunti schiavisti della Tecnova. Nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Lecce Maurizio Saso figurano come indagati a piede libero anche i soci e i legali rappresentanti delle due società in questione. L’accusa è quella di aver falsamente attestato che i lavori connessi alla realizzazione degli impianti salentini sarebbero stati portati a termine entro la fine di dicembre. La dichiarazione bollata come falsa dal gip, era stata comunicata formalmente al Gestore unico per i servizi elettrici (società partecipata del ministero dell’Economia e delle Finanze), al fine di conseguire quella che il gip stesso definisce “l’indebita percezione di erogazioni quantificabili in circa 10 milioni di euro” per Italgest, un milione di euro per Osiride.

Non è un caso che, all’indomani del blitz, la Gsf abbia diramato una nota stampa per “chiarire la propria posizione oltre ogni dubbio”, manifestando la propria volontà di “offrire la soluzione per chiudere le vertenze con i lavoratori e con il territorio e risolvere definitivamente un problema che la vede come parte offesa”.

“Gsf – si legge nella nota - ha già versato spontaneamente ai dipendenti di Tecnova Italia Srl spettanze per un valore complessivo di oltre 500mila euro (1.500 euro a lavoratore) come acconto sulle mensilità arretrate, così come concordato nell'ambito di un tavolo tecnico con i sindacati. Un primo passo che prelude a un risanamento completo delle pendenze retributive nei confronti dei dipendenti di Tecnova Italia Srl”. Nella stessa nota, Gsf sottolinea “la totale estraneità ai fatti contestati ai legali rappresentanti di una società controllata, e del direttore dei lavori che risultano al momento indagati dalle Procura di Brindisi e dalla Dda di Lecce”, rimanendo a disposizione della magistratura inquirente per chiarire definitivamente la questione.

Sulla vicenda interviene il senatore del Pd Salvatore Tomaselli, che oltre a plaudire al lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine, ha sollecitato l’azione corale delle istituzioni per contrastare il fenomeno dello sfruttamento e della illegalità in generale nel campo delle energie rinnovabili: “Tocca alle istituzioni e alla politica raccogliere la sfida della legalità che ogni giorno si alimenta di nuovi esempi, adeguando il quadro legislativo e normativo nel rendere sempre più difficile il riproporsi di così gravi disegni criminosi”, ha dichiarato Tomaselli. Lo stesso senatore Pd ha aggiunto: “Nelle scorse settimane, alle prime notizie di tale fenomeno, ho interrogato il Governo per chiedere quali azioni intendesse attivare per impedire il ripetersi di tali illegalità, proponendo una serie di norme in tale direzione. Nella giornata odierna ho risollecitato il Governo, suggerendo esplicitamente che tutti i soggetti autorizzati alla realizzazione di impianti da energie rinnovabili e le aziende a vario titolo coinvolte nella costruzione degli stessi,  dimostrino contestualmente alla richiesta di Dia o di Autorizzazione Unica – e, per le aziende costruttrici, all’avvio del cantiere - il pieno rispetto delle norme in materia di lavoro e di sicurezza, pena la non concessione o la revoca delle autorizzazioni”. Gli interrogatori di garanzia a carico degli indagati proseguiranno nei prossimi giorni.

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