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Cronaca

Marò-pescatori, tensioni tra Italia e India

Frenetiche attività diplomatiche tra India e Italia per trovare un compromesso sul sanguinoso incidente di mercoledì quando la sicurezza della petroliera italiana “Enrica Lexie” in navigazione nel Mar Arabico, credendo di dover far fronte ad un assalto di pirati, ha sparato contro un peschereccio indiano uccidendo due uomini a bordo. Almeno, questa la versione dei fatti da parte indiana, mentre le inchieste avviate in Italia prendono in considerazione anche la possibilità che esistano due diversi episodi, uno in cui i marò del S.Marco di scorta alla petroliera abbiano effettivamente ingaggiato una barca con persone armate a bordo, mentre altrove il peschereccio sarebbe incappato in un episodio di altro genere. Ciò, stando ai diversi orari e alle diverse localizzazioni offerte dalla due parti.

Frenetiche attività diplomatiche tra India e Italia per trovare un compromesso sul sanguinoso incidente di mercoledì quando la sicurezza della petroliera italiana “Enrica Lexie” in navigazione nel Mar Arabico, credendo di dover far fronte ad un assalto di pirati, ha sparato contro un peschereccio indiano uccidendo due uomini a bordo. Almeno, questa la versione dei fatti da parte indiana, mentre le inchieste avviate in Italia prendono in considerazione anche la possibilità che esistano due diversi episodi, uno in cui i marò del S.Marco di scorta alla petroliera abbiano effettivamente ingaggiato una barca con persone armate a bordo, mentre altrove il peschereccio sarebbe incappato in un episodio di altro genere. Ciò, stando ai diversi orari e alle diverse localizzazioni offerte dalla due parti.

La tensioni in India - Intanto oggi i pescatori indiani del Kerala sono scesi sul piede di guerra ed hanno annunciato una manifestazione di protesta proprio nel porto di Kochi dove è ormeggiata la petroliera italiana. La situazione al momento sembra bloccata anche se dietro le quinte l'attività diplomatica per la ricerca di una soluzione di compromesso prosegue. Oggi, nuovamente, il ministro della Difesa indiano ha detto che si tratta di «una vicenda seria» e che «i colpevoli dovranno essere puniti». Da parte loro le associazioni dei pescatori del Kerala hanno annunciato una manifestazione di protesta per mercoledì prossimo. Un annuncio che aumenta la pressione sul governo centrale indiano dal quale trapela irritazione per la vicenda.

Da parte italiana, dopo il comunicato dello Stato Maggiore della Marina, oggi è intervenuta la Farnesina che ha sottolineato la piena disponibilità dell'Italia a collaborare alle indagini fino al punto di inviare una missione di alti funzionari in loco. Nella ricerca di una soluzione il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha anche inviato una lettera al suo collega indiano Krishna per «sottolineare la necessità di una stretta collaborazione tra i due paesi in questa vicenda, nel quadro delle eccellenti relazioni tra Italia e India». Il ministero della Difesa italiano ha annunciato l'apertura di una inchiesta interna, mentre la magistratura militare, si è appreso, ha aperto a Roma un fascicolo in cui i reati astrattamente ipotizzati sono quelli di violata consegna, distruzione di armamento militare e atti ostili verso uno Stato estero.

In serata era trapelato che ci sono diverse contraddizioni tra le dichiarazioni rese dalle parti coinvolte in base alle quali non si può nemmeno del tutto escludere che possa trattarsi di due eventi separati, cioè che l'uccisione dei due marittimi non abbia a che fare con il presunto attacco di pirati subito dalla petroliera italiana. La nave, che dopo la sparatoria aveva proseguito la sua rotta, è stata portata su istruzioni della Guardia costiera indiana nella rada di Kochi e presa in consegna dalla locale polizia. A bordo si trovano anche il console generale Giampaolo Cutillo e l'addetto militare dell'ambasciata d'Italia, contrammiraglio Franco Favre. Intanto le associazioni locali dei pescatori pretendono un risarcimento per le famiglie delle due vittime.

Parlando con i giornalisti il proprietario del peschereccio St.Antony, che era a bordo al momento dell'incidente ma stava dormendo insieme agli altri membri dell'equipaggio, ha ribadito che «gli uomini a bordo erano disarmati» e «che non è vero che il suo peschereccio ha attaccato la nave italiana». La sua testimonianza è importante per chiarire come sono morti Ajesh Binki di 25 anni e Gelastine di 45. «Avevamo appena mangiato e mi sono appisolato - ha raccontato - . Ho chiesto a Gelastine di prendere il timone. Forse dopo dieci minuti ho sentito gli spari e l'ho visto a terra in una pozza di sangue. Ho urlato e ho svegliato gli altri. Ho guardato fuori e ho visto la petroliera italiana. Poi sono arrivati ancora altri colpi e uno di questi ha colpito Ajesh».

Chi sono i marò degli Nmi - «Personale specializzato, perfettamente in grado di riconoscere il pericolo e di reagire in proporzione al grado della minaccia»: sono questi gli uomini del Reggimento San Marco della Marina militare imbarcati sui cargo che navigano nelle acque infestate dai pirati. Lo afferma uno degli ufficiali del Reggimento, il capitano di corvetta Marco Guerriero, che si è occupato in modo specifico proprio della nascita e della formazione dei cosiddetti Nmi, i Nuclei militari di protezione. «La scorsa estate è stato approvato il quadro normativo e ad ottobre è cominciata l'attività operativa dei nuclei, dopo la sigla di un protocollo d'intesa tra la Difesa e Confitarma», l'associazione degli armatori, spiega Guerriero.

«Si tratta di nuclei di mediamente 6 militari che garantiscono la sicurezza del mercantile durante le tratte più a rischio, cooperando con il personale di bordo. Numerosi armatori hanno fatto richiesta di questo servizio, che in alcune occasioni ha già dimostrato la sua efficacia, sventando dei possibili attacchi di pirati». Il personale, afferma l'ufficiale, è «iper-specializzato. Si tratta, infatti, di militari in forza al Reggimento San Marco (uno dei reparti d'elite delle forze armate italiane, ndr) e, in particolare, di quella unità che si addestra proprio per svolgere compiti di sicurezza in mare. A questa formazione specifica, si somma quella di un corso aggiuntivo, mirato proprio ai Nuclei di protezione. Un corso durante il quale il personale viene addestrato nel dettaglio - dagli aspetti giuridici a quelli relativi alla tipologia del mercantile - per il compito che andrà a svolgere».

E i compiti sono, appunto, quelli di «vigilanza, osservazione, monitoraggio - con l'ausilio di visori e strumentazioni all'avanguardia - di ogni situazione potenzialmente pericolosa per l'incolumità della nave e delle persone a bordo. Un'attività - che si integra a quella del personale di bordo addetto alla sicurezza - a 360 gradi, 24 ore su 24». Ma che succede, in pratica, quando si avvista un'imbarcazione sospetta? «In primo luogo - risponde Guerriero - bisogna intendersi su cosa significa 'imbarcazione sospetta’. La casistica è varia, ma certo se vediamo un natante con una navigazione tesa a convergere nei confronti del mercantile, per il team il natante in questione diventa un osservato speciale».

Che avviene, a questo punto? «Cerchiamo di richiamare l'attenzione del natante, in ogni modo: via radio, con segnali visivi e sonori», risponde il comandante Guerriero. «Se nonostante tutti questi accorgimenti l'imbarcazione tiene ferma la rotta e continua ad avvicinarsi e magari ci sono altre stranezze, ad esempio armi a bordo, l'allerta si innalza ulteriormente e si ricorre ai cosiddetti 'warning shots’, cioè dei colpi di arma da fuoco in aria a scopo dissuasivo. Se ancora non desistono, si spara in acqua, sempre a distanza di sicurezza. Ed infine, in caso di attacco, è previsto l'uso della forza graduata e proporzionale all'offesa per garantire la sicurezza del mercantile e dell'equipaggio».

Le inchieste e le contraddizioni - Tentato abbordaggio da parte dipirati. È questa l'ipotesi di reato per la quale procede la procura di Roma sulla vicenda dei due pescatori indiani che, secondo le autorità locali, sarebbero stati scambiati per banditi del mare ed uccisi da fucilieri di marina del Reggimento San Marco imbarcati sulla petroliera Enrica Lexie. Gli inquirenti - le indagini sono coordinate dal pm Francesco Scavo, che sta vagliando le scarne informazioni finora a disposizione - vogliono capire che cosa è successo davvero mercoledì scorso: se, come dicono gli italiani, c'è stato davvero un tentativo di attacco, sventato solo sparando tre raffiche in aria, «a scopo dissuasivo», oppure se, come sostengono le autorità del posto e l'equipaggio del peschereccio, i due pescatori sono stati uccisi dai marò per un tragico errore.

Nella direzione di fare chiarezza si muovono anche l'inchiesta interna avviata dalla Difesa, come da prassi, e quella del procuratore di Roma Marco De Paolis, che ha acquisito una prima informativa del comandante da cui dipendono i Nuclei di protezione ed ha aperto un fascicolo in cui i reati militari ipotizzati sono quelli di violata consegna, distruzione di armamento e atti ostili verso uno stato estero. Tutto questo, mentre l'Italia offre all'India una «stretta collaborazione», anche con l'invio di una missione «di alti funzionari dei ministeri degli Esteri, Difesa e Giustizia »per approfondire congiuntamente tutti gli aspetti del caso«. Un caso controverso e pieno di incongruenze e contraddizioni tra le dichiarazioni rese dalle parti coinvolte, vale a dire i militari italiani da un lato e i componenti del peschereccio colpito dall'altro.

Contraddizioni in base alle quali non si può nemmeno del tutto escludere, secondo quanto si apprende da fonti vicine agli inquirenti italiani, che possa trattarsi di due eventi separati, cioè che l'uccisione dei due marittimi non abbia a che fare con il presunto attacco di pirati subito dalla petroliera italiana. Anche perchè, l'International Maritime Bureau dell'Icc (la Camera di commercio internazionale), un organismo che si occupa di pirateria, segnala in quello stesso mercoledì un altro attacco fallito ad una petroliera da parte di 20 piratia bordo di due imbarcazioni: sarebbe avvenuto a due miglia e mezzo dal porto indiano di Kochi (dove si trova attualmente la Enrica Lexie) alle 21.50 locali, dunque oltre 5 ore dopo e molto più a nord di dove sarebbe avvenuto l'episodio riferito dai militari italiani.

Proprio l'orario e il luogo sono due delle contraddizioni emerse tra le diverse testimonianze, così come sono diversi la forma e il colore del peschereccio visto da bordo della nave italiana e quello dei pescatori uccisi. A questo si aggiunga che i militari italiani ribadiscono di aver visto delle persone armate a bordo (circostanza che mal si concilia con la pesca) e di non aver sparato in modo diretto contro il motopesca, ma di essersi rigorosamente attenuti alle regole d'ingaggio che prevedono dei segnali d'avvertimento e poi l'esplosione di 'warning shots, cioè delle raffiche in aria a scopo dissuasivo.

A complicare ulteriormente la vicenda c'è la questione della giurisdizione: secondo gli italiani il fatto sarebbe avvenuto in acque internazionali, dove è piena la giurisdizione dello stato di bandiera della nave, cioè l'Italia; inoltre, il nucleo militare di protezione imbarcato è un organo dello Stato, soggetto ad immunità giurisdizionale assoluta rispetto ad autorità straniere. Alla luce di queste considerazioni, viene ancora sottolineato, dovrebbe essere “meglio valutato” il diritto delle autorità indiane di trattenere la nave e condurre indagini nei confronti dei militari italiani.

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