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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Naufragio di migranti, morte a S.Sabina

SANTA SABINA (Carovigno) – Solo un pazzo, o un disperato affronta il mare in tempesta con uno sloop di 35 piedi, al buio e sottocosta, e senza ridurre la velatura. Così attorno alle 18 odierne il “Gloria”, una barca battente bandiera Usa, certamente rubata in un porto dell’Egeo, e con almeno 65 migranti a bordo, si è schiantata sulla scogliera della Mezzaluna, nei pressi della borgata costiera di Santa Sabina, 25 chilometri a nord di Brindisi. Due i morti accertati, fluttuanti tra i marosi a poca distanza dalla barca, forme modificate costantemente dalle onde e illuminate dalle fotoelettriche dei vigili del fuoco, numerosi i feriti e quelli colti da ipotermia. I soccorsi sono arrivati in forze dagli ospedali della vicina Ostuni, da Brindisi, da S. Vito dei Normanni e Carovigno, poi anche da Mesagne. Tutte le squadre del 118 disponibili, salvo la riserva strategica per altre emergenze.

SANTA SABINA (Carovigno) – Solo un pazzo, o un disperato affronta il mare in tempesta con uno sloop di 35 piedi, al buio e sottocosta, e senza ridurre la velatura. Così attorno alle 18 odierne il “Gloria”, una barca battente bandiera Usa, certamente rubata in un porto dell’Egeo, e con almeno 65 migranti a bordo, si è schiantata sulla scogliera della Mezzaluna, nei pressi della borgata costiera di Santa Sabina, 25 chilometri a nord di Brindisi. Due i morti accertati, fluttuanti tra i marosi a poca distanza dalla barca, forme modificate costantemente dalle onde e illuminate dalle fotoelettriche dei vigili del fuoco, numerosi i feriti e quelli colti da ipotermia. I soccorsi sono arrivati in forze dagli ospedali della vicina Ostuni, da Brindisi, da S. Vito dei Normanni e Carovigno, poi anche da Mesagne. Tutte le squadre del 118 disponibili, salvo la riserva strategica per altre emergenze.

Poi carabinieri e pattuglie della Guardia di Finanza, Guardia Costiera, polizia, volontari della Protezione civile. Una parte del carico umano del “Gloria”, con la bandiera a stelle e a strisce scossa dal forte vento di maestrale, tragica e ironica icona del benessere per gli attori di questa scena carica di paura, pietà, sofferenza, è stato radunato sul posto, gli altri sono stati cercati anche con un elicottero. Un piccolo gruppo già in cammino verso l’unica città di cui aveva notato le luci, nell’entroterra, si è imbattuto in una guardia giurata della Sveviapol. Sono in cinque, uno è in crisi e quasi non risponde più agli stimoli, non mostrano più di 20-22 anni, forse sono anche più giovani.

“Iran”, dice uno di loro alzando l’indice. E’ l’unico che conosce qualche parole di inglese. Nomina la sua patria, il punto di partenza, poi aggiunge “money”, facendo capire che ha pagato per arrivare in Europa. Ma dove si è imbarcato con gli altri? Ripete sempre “Iran”, non capisce. Cerchiamo di farci dire quali paesi ha attraversato, allora, per immaginare quale sia stato quello d’imbarco. Turchia? Grecia? Il giovane iraniano scuote la testa, e risponde “close”, “close”, per spiegare che sulla terraferma hanno viaggiato rinchiusi in un Tir, probabilmente, o in furgone, e che non hanno capito dove si sono imbarcati. Chi portava la barca, chi è lo scafista? Si guardano in faccia, si stringono nelle spalle. Non sanno. Il loro compagno riverso sull’asfalto sta sempre peggio, chiamiamo il 118, la sala operativa di Brindisi comunica che invierà un’altra ambulanza da Ostuni.

Arrivano prima quattro o cinque pattuglie della Guardia di Finanza. Si fermano, riescono a trovare una bottiglietta di acqua per il ragazzo che sta male, e quando giunge l’ambulanza un paio di militari la seguono, gli altri portano il gruppetto all’hotel Scoglio degli Achei, poco distante dal punto del naufragio, dove tutti riceveranno cibo caldo, abiti asciutti e un letto per combattere l’incubo da cui non sono ancora usciti del tutto. La serata è fredda, e un altro gruppo è stato fermato a 500 metri dalla barca incagliata. Sono una decina, l’inglese lo capiscono quasi tutti, perché arrivano dal Bangladesh. “Eravamo 65 – dice il portavoce improvvisato – molti ragazzi giovanissimi. Da dove siamo partiti? Dalla Turchia”, dice senza esitare. Ma forse sono partiti invece dalla Grecia, se non dalla terraferma da qualche isola dello Ionio, dove erano giunti con altri mezzi, e sono stati poi presi a bordo dello sloop che intanto cigola macerandosi tra gli scogli con tutta la randa issata e il fiocco che sbatte, la scritta Delaware sullo specchio di poppa, sotto il nome della barca. Un pazzo, c’era al timone. Forse aveva cercato di raggiungere la costa per sbarcare al tramonto e non in pieno giorno, e ha sbagliato tutto.

Sarebbe bastato entrare nella piccola insenatura di Santa Sabina per salvarsi tutti, ma forse temeva di essere catturato. Una cosa è certa. Non può aver navigato a lungo di bolina con questo mare, cioè quasi nella direzione del vento. Non avrebbe fatto molta strada senza l’impiego anche del motore ausiliario. “Il viaggio è durato cinque giorni – dice l’uomo del Bangladesh, sicuro – e sempre su questa barca”. Se è vero deve essere stato terribile, perché in dieci metri e mezzo di barca a vela si sta stretti anche in sei, figuriamoci in 65. La scogliera della Mezzaluna è fitta di lampeggianti blu, dal cielo l’elicottero fruga la campagna. Il conto esatto dei morti e dei dispersi si potrà fare forse domani, e anche dei depistaggi e delle verità. I ricoverati erano otto (sei nel capoluogo e due a Ostuni per fratture, ipotermia, shock e ferite varie), 41 le persone radunate nelle prime ore, due - come già detto - le vittime accertate. Gli altri o dispersi o fuggiti.

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