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Cronaca

Arsenale e droga in contrada Muscia, perizia per impronte digitali e Dna

Dopo l'arresto e la scarcerazione di Raffaele Brandi, il pm chiede l'incidente probatorio: incarico conferito a una genetista di Lecce. L'indagato ha respinto l'accusa e prodotto documentazione secondo cui quei terreni non rientrano nelle proprietà di famiglia

BRINDISI – Si cercano impronte digitali, tracce ematiche o biologiche sulle armi scoperte in una vecchia gubbia in contrada Muscia, lo scorso mese di dicembre, per stabilire se quell’arsenale fosse o meno nella disponibilità di Raffaele Brandi, 61 anni, di Brindisi, arrestato e rimesso in libertà a distanza di qualche giorno per motivi di salute.

BRANDI Giuseppe Raffaele, classe 1955-2In un nascondiglio ricavato sotto terra e risalente ai tempi del contrabbando, i carabinieri trovarono: 13 chilogrammi di marijuana, 61 detonatori con miccia d'innesco, un cannocchiale di precisione, una pistola "Beretta" calibro 7.65, denunciata quale oggetto di furto il  23 settembre 2014 presso la stazione dei carabinieri di Carovigno, una pistola "Smith & Wesson" calibro 38 con matricola abrasa.

E ancora: un fucile "Benelli" calibro 12, risultato oggetto di furto denunciato il 25 settembre 2014 presso la stazione dei carabinieri di Latiano, una pistola "Beretta" calibro 6.35, denunciata oggetto di furto il 16 luglio 2013 presso la stazione dei carabinieri di Carovigno, una pistola calibro 6.35 con matricola abrasa, una carabina "Winchester" cal. 270 senza matricola, 1072 cartucce calibro 12, 12 munizioni calibro 6.35, 36 munizioni calibro 270 win, 34 munizioni cal. 9, 164 munizioni cal. 7.65, 79 munizioni calibro 38 special.

L’incidente probatorio è stato chiesto dal sostituto procuratore Valeria Farina Valaori ed è stato disposto dal gip con conferimento di incarico alla genetista Mongelli, professionista di Lecce, diverse volte chiamata a svolgere accertamenti tecnici per conto del Tribunale. Il passaggio si è reso necessario perché l’indagato dopo aver respinto l’accusa, ha prodotto documentazione secondo cui i terreni in cui ricade il nascondiglio scoperto dai carabinieri non rientrano nelle proprietà della famiglia, ereditate alla morte del padre. Né tanto meno si tratta di ettari di cui Brandi ha la disponibilità, come evidenziato già in sede di interrogatorio di garanzia, dal suo difensore, Gianvito Lillo.

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La scoperta della gubbia risale al 10 dicembre 2016, nel corso di operazioni di controllo del territorio poste in essere dai militari del Nucleo investigativo del Reparto operativo del Comando provinciale di Brindisi, con il supporto del Nucleo cinofili di Modugno. I carabinieri arrivarono alle porte del rione Sant’Elia, dopo aver aver monitorato movimenti e ascoltato intercettazioni ambientali, venute a galla nell’inchiesta Last Travel, su un traffico di droga da Torino a Brindisi, sfociata nel blitz del 31 ottobre scorso.

Nelle indagini compariva il nome dei Brandi, ma non è stato contestato niente nei confronti dei fratelli: si parlava di nascondigli anche in contrada Musica per la droga, per lo più hashish, e si sentivano rumori di apertura di botole che i carabinieri hanno riconosciuto come uguali a quelli sentiti spesso nel periodo del contrabbando delle sigarette, quando i carichi venivano interrati in gubbie.

Raffaele Brandi è in attesa della sentenza d’Appello, scaturita dall’inchiesta chiamata Berat, sull’esistenza di un gruppo di stampo mafioso a Brindisi dal 2000, operante anche nel settore del traffico di droga, sodalizio e che avrebbe anche avuto contatti con la politica sostenendo un candidato consigliere: in primo grado, il Tribunale lo ha condannato a 13 anni e otto mesi, il procuratore generale ha invocato 16 anni e mezzo concludendo davanti alla Corte d’Appello di Lecce.

Brandi ha sempre respinto anche questa accusa. Tornò libero per scadenza dei termini di custodia cautelare, assieme agli altri imputati, tra i quali figurano i fratelli albanesi Lekli, latitanti da tempo e noti a Brindisi per aver regolato il traffico lungo canale Patri.

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