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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Un carcere in mezzo al guado: celle nuove, poca sanità, niente lavoro

BRINDISI - La sottosegretaria alla Giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati, vuole la massima trasparenza e discute dieci minuti buoni con la direttrice della casa circondariale di via Appia, Sonia Fiorentino, per consentire ai giornalisti di seguirla nel sopralluogo. Così le porte del carcere di Brindisi si aprono dopo lungo tempo ad un reportage collettivo, con tutti i problemi di una struttura in mezzo al guado.

BRINDISI - La sottosegretaria alla Giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati, vuole la massima trasparenza e discute dieci minuti buoni con la direttrice della casa circondariale di via Appia, Sonia Fiorentino, per consentire ai giornalisti di seguirla nel sopralluogo. Così le porte del carcere di Brindisi si aprono dopo lungo tempo ad un reportage collettivo, con tutti i problemi di una struttura in mezzo al guado. Ristrutturata a metà, ha molte celle nuove con doccia e un rapporto tra personale di sorveglianza e detenuti di quasi 1 ad 1, ma non ha laboratori per lavorare e i moderni locali dell’infermeria sono desolatamente vuoti, senza attrezzature diagnostiche, senza specialisti. E su tutto grava il peso di un rapporto con gli affetti familiari ridotto ad un filo, e la mancanza di assistenza psichiatrica adeguata.

La sottosegretaria è appena tornata da un giro nei penitenziari Usa. E’ stata a Sing Sing, vera e propria città carceraria con un proprio ospedale. Realtà spesso sostenute da fondazioni private, con regole innovative come quelle che governano i processi di socializzazione e di reinserimento attraverso la formazione professionale durante la detenzione, ma anche con forme di disciplina coercitiva molto dure, all’occasione. La senatrice Alberti Casellati però a Brindisi utilizza il metro di giudizio della situazione italiana. Non c’è sovraffollamento, l’organico della polizia penitenziaria viene giudicato adeguato (sono 153 unità più 5 educatori), manca però la possibilità di lavoro per i detenuti e il reparto infermeria deve entrare in funzione.

Laboratori e attrezzature mediche costano, e questo è un “periodo di lacrime e sangue” per le finanze pubbliche, ricorda la sottosegretaria. Bisogna avere idee nuove, pensare anche qui a fondazioni private, magari per recuperare l’altra metà del carcere di via Appia non ristrutturato e dichiarato non agibile. La porta si apre su un mondo congelato a dieci anni fa, che conserva gli odori pesanti della promiscuità e della fatiscenza. La sottosegretaria vuol vedere anche l’ala dismessa.

I giornalisti fanno il loro dovere, e sfruttano al massimo l’occasione. Quali sono oggi i problemi emergenti dell’assistenza sanitaria nel carcere di Brindisi? Un medico spiega che la maggiore igiene ha debellato scabbia e dermatiti; anche la percentuale di sieropositivi è calata. Ma il carcere è paradossalmente il luogo dove il maggiore bisogno di assistenza

psicologica e psichiatrica si scontra con l’inadeguatezza dell’offerta: il Servizio di igiene mentale della Asl funziona solo il mercoledì, per i detenuti del carcere di Brindisi. Lo psichiatra convenzionato poi ha solo un pacchetto assegnato di 20 ore mensili, che fuori dal carcere sarebbero sufficienti per trattare due o tre pazienti. Invece gli effetti collaterali delle tossicodipendenze, la depressione, le patologie psichiche pregresse per le quali le cure sono state interrotte dall’arresto, trovano solo una scarna risposta.

Come quelle alle aspettative del personale paramedico: due infermieri con 27 e 21 anni di servizio, che hanno raggiunto i 66 e i 55 anni di età rispettivamente, sono ancora formalmente precari in attesa di essere integrati nei ruoli e aspettative di pensione molto minime, affidate ad un fondo integrativo. Il cappellano, don Giovanni Fabiano, “prete di galera”, è qui da tre anni su undici passati nelle carceri, e gli è capitato di organizzare tre cresime e un prima comunione. Su 180-200 detenuti ospiti attualmente della casa circondariale di Brindisi, a Messa la domenica si presentano in 80, “roba da far scoppiare le chiese, se fuori di qui ci fosse lo stesso rapporto tra praticanti e parrocchiani”. Don Giovanni usa la fede come supporto psicologico, e aiuta tutti, anche i musulmani “perché crediamo in un solo Dio, noi e loro”.

Il giro continua. La senatrice parla con i detenuti attraverso le sbarre delle celle. Quelle vecchie hanno ancora le bocche di lupo e sono senza doccia. La gente non ci sta bene. Un’ora settimanale di colloquio con i parenti è troppo poco, commenta la sottosegretaria. La mancanza di un lavoro in carcere annulla la possibilità di ridurre le recidive. Ma rispetto a molte altre carceri, quello di Brindisi le ha fatto “un’ottima impressione”. Il senatore Michele Saccomanno (è lui che ha influito sulla scelta della sottosegretaria di visitare Brindisi, piuttosto che Foggia e Lecce, carceri dove le criticità ed il disagio sono alti), anticipa: “Il direttore generale della Asl ci ha già comunicato che è stata deliberata la somma per attrezzare un laboratorio odontoiatrico nel carcere”.

Servirà anche altro, e il periodo di transizione della sanità carceraria dalla competenza dell’amministrazione della Giustizia a quella dei servizi sanitari regionali non aiuta. “Ma la Puglia sta rispondendo molto bene”, riconosce la senatrice Alberti Casellati. In Sicilia invece sono ancora al palo. A colloquio con i detenuti.

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