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Cronaca

Emergency, giunta nel Porto di Brindisi la nave con le 105 persone salvate in mare

Ci sono 59 uomini, 16 donne – di cui una al settimo mese di gravidanza, 24 minori non accompagnati e 6 minori accompagnati. Il più piccolo a bordo ha 2 anni

BRINDISI – Alle prime ore del giorno di oggi, venerdì 10 marzo, nel porto di Brindisi (Banchina Montecatini) è giunta la nave Life Support di Emergency per lo sbarco delle 105 persone soccorse di fronte alla Libia, in acque internazionali, nella notte tra il 6 e il 7 marzo scorsi. Ci sono 59 uomini, 16 donne – di cui una al settimo mese di gravidanza, 24 minori non accompagnati e 6 minori accompagnati. Il più piccolo a bordo ha 2 anni. I volontari di Croce Rossa Italiana e Protezione civile hanno predisposto il piano di assistenza, attendono i migranti sulla banchina. A bordo della nave i medici Usmaf (Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera) del Ministero della salute per controllare lo stato di salute delle persone giunte a Brindisi. 

Le testimonianze

“Eravamo su un’imbarcazione molto piccola. Il motore non funzionava più e stavamo imbarcando acqua – ricorda una delle persone soccorse, proveniente dalla Costa d’Avori – Era notte, eravamo tutti bagnati e intorno a noi solo buio. Ho pensato che non ce l'avremmo fatta. Ho pregato per tutte le persone che erano con me e ho pensato tutto il tempo alla mia famiglia e a Marianne, la donna che amo, che è rimasta nel nostro paese”.

Salvataggio migranti Emergency, Ph Gabriele Micalizzi 5

Il salvataggio è avvenuto nella notte del 6 marzo, le operazioni sono durate 3 ore a causa della complessità della situazione: “Se fossimo tardati nell’arrivo, anche di poco, ci sarebbe stata una tragedia – riporta Domenico Pugliese, comandante a bordo della Life Support –. Il natante, di soli 12 metri, aveva a bordo 105 persone, imbarcava già acqua, aveva il motore in avaria e le condizioni meteo marine erano in peggioramento”.

Secondo una nota diffusa da Emergency nella giornata di ieri i superstiti sono in buone condizioni, ma numerose sono le persone che portano sul proprio corpo segni del periodo trascorso in Libia. “Tra le persone soccorse ci sono molti casi di disidratazione e di ustione dovuti alla miscela di acqua marina e carburante. I superstiti sono partiti dalle coste libiche già debilitati e hanno affrontato un viaggio di 12/14 ore senza bere – riporta Roberto Maccaroni, responsabile sanitario della missione –. Abbiamo visto segni fisici che testimoniano episodi di tortura. Il nostro ruolo di sanitari non è solo prenderci cura della patologia attualmente presente, ma anche rilevare e comunicare la presenza di traumi pregressi riferibili alle violenze subìte”. 

La Life Support – che ha a bordo 27 persone tra marittimi, medici, mediatori, soccorritori – è alla sua terza missione nel Mediterraneo centrale, e ha tratto in salvo 142 persone nella prima missione e 156 nella seconda.

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