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Sabato, 27 Aprile 2024
Politica San Pietro Vernotico

Politici e loro amici contro una giornalista: occorre spiegare l'abc della democrazia

A San Pietro Vernotico, dopo ogni articolo "sgradito", compaiono post conditi di attacchi sul piano personale e professionale indirizzati alla cronista di BrindisiReport. Tra l'altro, i "leoni da tastiera" fanno riferimenti espliciti alla collega, ma non hanno il coraggio di farne il nome

Un imputato entra in Tribunale per affrontare il processo a suo carico. Ascolta in silenzio la requisitoria del pm che elenca tutti i fatti di cui è accusato. A un certo punto blocca il magistrato, prende la parola e dice: "Finché avremo individui che criticano negativamente il proprio Paese, senza alcun amore per esso, sempre pronti a giudicare, senza mai impegnarsi attivamente, lo stesso non potrà mai progredire". Il giudice, ascoltate queste parole, come minimo chiederà l'alcoltest per l'imputato e gli spiegherà con calma, magari con l'aiuto di un disegnino: "Lui è il pm e il suo impegno attivo è proprio condurre le indagini. Lei è l'imputato e non può prendersela col magistrato se questi fa il suo lavoro. Non funziona così. Pensi a difendersi nel processo, piuttosto". Scena surreale, vero?

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Invece è proprio ciò che sta accadendo a San Pietro Vernotico. In Tribunale non c'è nessun processo a carico di chicchessia, tanto per chiarire. O meglio, ce n'è uno virtuale, sui social network, a carico di una giornalista in particolare. Questi estemporanei pm evidentemente non solo non hanno studiato Legge, ma dimenticano anche l'abc della democrazia. Perché mettono alla sbarra i cronisti. Un po' come se l'imputato sopra alla fine volesse pure fare il processo al magistrato. Eppure politici locali, anche di primo piano, e persone a loro vicine fanno proprio questo. Gli anglosassoni hanno coniato l'espressione "watchdog journalism". Il giornalista deve essere "cane da guardia" del potere, qualunque esso sia. Di conseguenza è il giornalista che legge atti e delibere, gira per il paese, indaga, valuta e poi racconta al lettore cosa fa e cosa non fa il potere. Non il contrario, sennò si passa al "bullismo istituzionale".

A San Pietro Vernotico, da un po' di tempo, compaiono post di attacco in particolare a una giornalista e al suo lavoro. Non sono solo scritti da persone imparentate ai politici locali, ma si espongono - con sprezzo del ridicolo - anche personaggi impegnati a gestire la cosa pubblica. Un esempio? Le parole del fantomatico imputato sono quelle della sindaca Maria Lucia Argentieri, contenute in un post scritto dopo la pubblicazione di questo articolo su BrindisiReport. La chiosa della sindaca, sempre in quel post: "Pensa poi quando si scrivono persino degli articoli di stampa", tanto per specificare il bersaglio dell'attacco. Una consigliera di maggioranza ha invece scritto un altro post, abbastanza sgangherato dal punto di vista della logica: "Le critiche sono sempre ben accette, sono l'altro punto di vista che manca, sono il motore della crescita, del miglioramento e guai se non ci fossero ma, consentitemi un'opinione personale, il potere di dare ai cittadini gli strumenti per farsi un'idea propria, parte dalla critica, non finisce con una critica... il giornalismo, che magnifico potere!". E' partita bene, poi si è persa strada facendo: le critiche sono ben accette o no? Vanno bene solo quando incontrano il favore del criticato? E in questo caso che critica è? Vabbè.

Cogliendo fior da fiore, ecco il "pensiero" del marito di una esponente politica: "Giornalista specchio di una società senza madri e né padri. L'inverosimile informazione fatta da una giornalista senza pudore. Un improbabile giornale, dove sono ammesse solo bufale spudorate". Sorvolando sull'incipit, senza capo né coda, è da notare un dettaglio: questi "leoni da tastiera" non hanno neanche il coraggio di fare nomi e cognomi. Pubblicano il loro "pensiero" (il lettore sorvoli pure sull'utilizzo delle virgolette) ma si fermano un attimo prima. Chi non è di San Pietro Vernotico potrebbe non capire i riferimenti. La giornalista in questione è la collega Paola Bari, evidentemente, poiché il post è stato scritto dopo l'articolo citato sopra. Il giornale è BrindisiReport, la "casa" di Paola. Naturalmente, a lei va tutta la solidarietà da parte dei colleghi che scrivono.

Occorrerebbe spiegare a questi signori, come fatto sopra, che un politico non deve parlare del giornalista. Ha tutti gli strumenti per rispondere a un articolo "poco gradito": diritto di replica, di rettifica, inviare una lettera, un comunicato stampa, eccetera. Ma non deve mai parlare di un giornalista, perché altrimenti si scivola nel bullismo istituzionale. Si dirà: ma non si legge nessun monito, nessun invito esplicito a non fare più il proprio mestiere. Obiezione: quando un politico parla di un giornalista questo sinistro monito è sempre implicito. Un politico detiene un determinato potere, il cronista ha solo la libertà di parola e di critica. Potrebbe far ridere lo scomodare i casi seguenti, visto che qui si parla di commenti social dove gli autori dei post, invece di produrre una replica, si limitano a frignare "giornalista cattiva, mi critichi, gne gne gne". Il 18 aprile 2002 l'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi disse che Biagi, Santoro e Luttazzi facevano un uso "criminoso" della televisione pubblica. Il Cavaliere non impugnava una motosega, non affermò che avrebbe spezzato le gambe ai due giornalisti e all'autore satirico, ma, sarà un caso, tempo pochi mesi e tutti e tre spariranno come per magia dai palinsesti Rai. Ovviamente è una iperbole, per spiegare che un politico - repetita iuvant - non deve mai parlare dei giornalisti.

Berlusconi, anche da questo punto di vista, ha avuto un degno erede: Matteo Renzi. L'allora esponente del Pd, sempre in qualità di presidente del Consiglio, alla Leopolda diede vita a uno spettacolo involontariamente comico: elencò alcuni titoli stilati da quotidiani a lui sgraditi e propose al pubblico di eleggere il peggiore. L'attuale presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è allergica alle domande, anche in conferenza stampa. Poi, con l'avvento dei social e l'esplosione di Internet, il cittadino ha avuto accesso a una quantità tale di informazioni da far girare la testa. E così, paradossalmente, è diventato meno informato. Perché? E' presto detto: i politici hanno preso il vizio tra dirette, Facebook, Tweet, storie Instagram e video su TikTok, di spiegare loro cosa succede nel mondo al cittadino e di evitare le domande dei giornalisti. Con tanti saluti al watchdog e al filtro che dovrebbe fare il cronista. E' come se un oste dicesse: bevete il mio vino, è buono, ve lo garantisco io. Ma che valore ha quell'affermazione se non viene vagliata da un sommelier?

Ecco, i nostri politici-osti se la cantano e se la suonano. E i giornalisti-sommelier, se fanno notare che il vino sa di tappo, vengono criticati e messi alla gogna sui social. I politici locali hanno iniziato a prendere spunto da quelli nazionali con i risultati che sono davanti agli occhi di tutti. Ritengono che un articolo sia inesatto, incompleto? Allora mandino una replica, scrivano al giornale, producano un comunicato stampa. Non si mettano a fare attacchi personali - naturalmente senza nome (il coraggio uno se non ce l'ha, non se lo può dare) - o non si dimostrino allergici alle critiche. O semplicemente ai fatti. Perché, è bene ricordarlo per l'ennesima volta, anche per i duri di comprendonio: il politico agisce, il giornalista valuta, racconta ed eventualmente critica. Funziona così. Anche perché andrebbe spiegato a tutta una classe politica, sia locale che nazionale, che se si delegittima il "quarto potere", anche gli altri ne risentono. Non basta fare post su Facebook e dire "quanto sono bravo". C'è sempre bisogno del sommelier - terzo e imparziale, possibilmente, che fa questo di lavoro - che lo certifichi. E se si delegittima il sommelier allora il vino potrà essere buono quanto si vuole, ma nessuno lo vorrà credere.

Per concludere: nei giorni scorsi la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha attaccato la giornalista Lilli Gruber. La replica della conduttrice di "Otto e mezzo" racchiude tutto il senso di questo articolo: "Ritengo che sia sempre pericoloso, per il buon funzionamento democratico, quando una presidente del Consiglio attacca direttamente la stampa e singoli giornalisti. Per fortuna, il diritto al pensiero libero e critico è ancora ben tutelato dalla nostra Costituzione". Poi, in trasmissione, sempre Gruber, rivolgendosi al collega Mario Sechi, ha aggiunto: "Il problema di fondo è il fatto che un o una presidente del Consiglio attacchi personalmente un giornalista? Diciamo che normalmente nelle democrazie mature non accade, non si fa. Fa parte del galateo anche istituzionale. La iper sensibilità alle critiche è un segno di forza o di debolezza?". Ecco, giriamo quest'ultima domanda all'Amministrazione comunale di San Pietro Vernotico.

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