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Venerdì, 26 Aprile 2024
Politica

La politica, da Facebook ai luoghi reali

BRINDISI - Può essere un social network il luogo eletto della politica ai nostri giorni, oppure c'è bisogno di un ritorno ai luoghi reali del confronto? Le battaglie su Facebook sono molto spesso lotte intestine tra "nemici interni", e chi vi partecipa a sostegno rischia di giocare la parte del semplice vassallo. I giovani arruolati molto spesso sono privi di strumenti, anzi sono strumentalizzati. Parola di chi inizialmente ha creduto alla politica su FB e ne ha fatto - confessa - un uso smodato. Un tema che non può non interessare un quotidiano online come il nostro, quindi pubblichiamo questo articolo di Giuseppe Leone, di Francavilla Fontana, che è stato segretario comunale dei Giovani democratici.

BRINDISI - Può essere un social network il luogo eletto della politica ai nostri giorni, oppure c'è bisogno di un ritorno ai luoghi reali del confronto? Le battaglie su Facebook sono molto spesso lotte intestine tra "nemici interni", e chi vi partecipa a sostegno rischia di giocare la parte del semplice vassallo. I giovani arruolati molto spesso sono privi di strumenti, anzi sono strumentalizzati. Parola di chi inizialmente ha creduto alla politica su FB e ne ha fatto - confessa - un uso smodato. Un tema che non può non interessare un quotidiano online come il nostro, quindi pubblichiamo questo articolo di Giuseppe Leone, di Francavilla Fontana, che è stato segretario comunale dei Giovani democratici.

Compresi subito le potenzialità organizzative di Facebook; mi iscrissi nel 2007 quando vivevo in Inghilterra e nel college che frequentavo lo si utilizzava per diffondere e creare feste, manifestazioni e serate letterarie. Me ne invaghii.  Col tempo credetti anche potesse essere utile per “fare politica”. I moti rivoluzionari pionieri sorti su Facebook nell’anonimato (penso al Popolo Viola per esempio, prima visto con scetticismo e poi corteggiato persino dai partiti come l’Italia dei Valori o il Partito Democratico che si era speso ardentemente per colonizzare le manifestazionicon le proprie bandiere, con Matteo Renzi che invocava tutti a prestarne ascolto) mi avevano affascinato ed entusiasmato; all’epoca Occupy Wall Street non era neppure in grembo e in Italia serpeggiava ancora l’antiberlusconismo declinato e sviscerato con ogni forma d’arte e comunicazione.

Del resto ho trascorso tutta la mia infanzia e adolescenza a deridere Berlusconi e il berlusconismo. Derisione perorata anche da una certa “cultura di sinistra”. I grandi nomi della satira italiana, antiberlusconiani, erano visti di buon occhio e contesi in ogni salotto e talk show filo sinistroide. Linguaggi e format ne venivano prontamente riportati sui blog e sui social network più accreditati. Col tempo capii che farmi ridere dell’altezza di Berlusconi, per quanto potesse divertirmi, distoglieva la mia attenzione da quelle che erano le problematiche concrete che Berlusconi e il berlusconismo avevano prodotto. Appresi anche che gli sfoghi virtuali, benché corporativi e strutturati, sfociati in tiepide manifestazioni di piazza, avevano come unico obiettivo quello di fornire alle giovani generazioni scontente, una medicina omeopatica che dopo aver lenito il dolore avrebbe reso tutti  più assopiti.

Dove è allora il “fare politica”? Spesso nelle sedi di partito il dibattito, ricalcando quello virtuale, si ferma alle tattiche da adoperare per sconfiggere gli avversari o alle papabili candidature. Inoltre il “fare politica” dovrebbe essere non uso esclusivo dei militanti dei partiti che restano chiusi all’interno della loro rispettiva e autoreferenzialità; altrimenti ci ritroviamo di fronte ad una battaglia tra ultrà, risvegliati all’occorrenza durante le campagne elettorali per servire i soliti feudatari nonché le logiche di sottocultura politica. Il “fare politica” oggi in maniera onesta e programmatica, significa individuare degli spazi fisici all’interno dei quali vi sia uno scambio reciproco e solidale tra vecchie e nuove generazioni. Vi è l’espressione ormai suffragata di “dare spazio ai giovani”. Ma quale spazio si può dare ai giovani se prima non gli si forniscono gli strumenti tali per affrontare ogni qualsivoglia impiego? Dare spazio ai giovani senza formarli e senza renderli capaci di destreggiarsi nell’apparato amministrativo complesso e insidioso, significa solo renderli vulnerabili a facili strumentalizzazioni.

Le sedi formative e di confronto non possono essere i Social Network e in generale le piattaforme virtuali. Assisto periodicamente su Facebook a lotte intestine tra dinastie storiche o tra nemici dichiarati, si insegue il pettegolezzo politico più efferato, si tenta di infliggere l’ultimo post più arguto e vincente con il tentativo più ingenuo di essere visti ed acquisire quindi maggiore consenso. Ma dove sono i programmi? Quali progetti ci sono per contribuire ad uno sviluppo sostenibile economico e sociale della comunità e l’intero territorio? Diventa solo uno scontro tra individui, a volte tra individui e corporazioni, ma non vi è neanche l’ombra di costruire un progetto inclusivo e comune. Motivo per il quale credo sia opportuno rimodulare i rapporti di “amicizia” virtuale che abbiamo con i nostri concittadini. Vivere in una comunità così piccola dovrebbe facilitare i momenti di incontro e di scambio. Scambio “reale”.

Io non mi erigo ad essere immune da queste dinamiche virtuali e da questo inferno. Mi sono accorto infatti che stavo scivolando verso il fondo di un baratro virtuale, che però qualcuno prima di me, molti, con lavoro certosino avevano contribuito a scavare. Sono consapevole che scivolare significa perdere di purezza, ma il mondo dei puri non appartiene di certo a Facebook e al mondo virtuale; è semplice trincerarsi dietro ai “mi piace” incondizionati che liberano la coscienza e deresponsabilizzano. Dove non ci si confronta su contenuti ma su slogan e si cerca di dimostrare narcisisticamente la propria superiorità. Non uscire fuori dal proprio contesto ovattato non rende puri bensì superbi. Non confrontarsi su un piano di contraddittorio reale ma restare dietro la propria scrivania non rende puri bensì ignavi. Lungi dall’essere provocatorio questo articolo è l’urlo di chi necessita di trovare un luogo di confronto senza riserve o aspettative alcune.

Mi piacerebbe assistere ad uno scambio sereno e reale senza ordine alcuno di pregiudizio. Perché ogni forma di notizia e di confronto deve restare chiusa all’interno delle solitudini virtuali delle nostre stanze? E’ questo l’inferno dei “puri” che ci siamo costruiti? I Social Network sono utili per comunicare con gli amici e i conoscenti lontani, per organizzare una festa o pubblicizzare un incontro. Per “fare politica” e parlare con le persone che abitano a meno di un chilometro da noi e più utile uscire di casa e rivivere le piazze, per non lasciarle tra l’altro ad uso esclusivo delle movide notturne, delle quali abbiamo anche l’ardire di lamentarcene, senza offrire alcuna alternativa credibile. (giuseppe leone)

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