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Lunedì, 29 Aprile 2024
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"Emendamento Costa: la norma colpisce non solo i giornalisti, ma soprattutto i cittadini"

Limitazioni alla pubblicazione di ordinanze e intercettazioni, con gravi danni al diritto di essere informati e di informare. Intervista a due cronisti di lungo corso: Marcello Orlandini ed Erasmo Marinazzo

BRINDISI - Con l'ok della Camera all'emendamento Costa allo scadere del 2023, il mondo del giornalismo si pone diversi interrogativi sulla natura e la ratio della norma che, una volta approvata definitivamente, prevede lo stop alla pubblicazione da parte della stampa delle ordinanze di custodia cautelare prima del termine dell'indagine preliminare o dell'udienza preliminare, a seconda dei casi. In realtà il divieto dovrebbe riguardare la pubblicazione di stralci o passaggi. Che non potranno più essere conosciuti dall'opinione pubblica.

Dopo aver chiesto un parere tecnico al procuratore della Repubblica di Brindisi, Antonio De Donno, è opportuno cedere la parola proprio ai cronisti, in particolare a Marcello Orlandini ed Erasmo Marinazzo. Entrambi di lungo corso, hanno visto cambiare il rapporto tra investigatori, inquirenti e giornalisti, oggi ridotto ai minimi termini. Il colpo di grazia a tale rapporto viene individuato in una norma risalente a non molto tempo fa, inserita nella riforma Cartabia (qui, un articolo dedicato). Cosa hanno in comune queste due norme? Nelle intenzioni vogliono rafforzare la presunzione d'innocenza. Di fatto, limitano il diritto all'informazione.

Per questo BrindisiReport ha deciso di realizzare un'intervista a due voci, quelle dell'ex direttore della testata, Marcello Orlandini, e del collega del Nuovo Quotidiano di Puglia, Erasmo Marinazzo. Orlandini si è occupato di cronaca giudiziaria dal 1982 e per 16 anni. Marinazzo è tuttora un decano della categoria in Puglia e la giudiziaria è il suo pane quotidiano.

Un'ordinanza di custodia cautelare e altri atti, divulgabili in fase di indagine, sono importanti per l'opinione pubblica?

Orlandini: "Prima di rispondere è bene fare una premessa. E' importante lo scenario in cui vengono prese tali scelte: l'Italia, in base alle analisi di Reporter senza frontiere, è al 43esimo posto per quanto riguarda la libertà d'informazione. Poi, abbiamo una legge di riforma dell'ordinamento professionale che è abbandonata in qualche cassetto da decenni. Quindi, c'è la legge contro le querele temerarie che è stata dimenticata dalla politica. Infine, c'è il problema del salario e della precarietà che è endemico nella nostra categoria. Anche la magistratura 'non si sente tanto bene', basta vedere i tentativi di 'tagli' alle intercettazioni. Per rispondere: certo che sono importanti, infatti questo emendamento è un ulteriore colpo al diritto costituzionale di essere informati e di informare".

Marinazzo: "Questi atti sono importanti perché l'opinione pubblica, come previsto dall'articolo 21 della nostra Costituzione, ha il diritto a essere informata. Anche sull'attività dell'autorità giudiziaria. Una ordinanza di custodia cautelare viene chiesta da un pm e poi viene avallata o non avallata da un gip. In questo modo c'è l'analisi di un giudice terzo sulle tesi della procura. Se non diamo atto di questo, facciamo torto a un potere dello Stato. Certo, alcuni principi sono imprescindibili: occorre sempre valutare quando è il caso di riportare o meno parte del contenuto di un'ordinanza. Pensiamo a chi viene citato ma non è indagato: a meno che non si tratti di politici o personaggi pubblici, noi non riportiamo i nomi. In ogni ordinanza ci sono spaccati di vita, anche pubblica. E vanno riportati, anche perché non sono più coperti da segreto. In questo modo non rimangono appannaggio di un pubblico ristretto, che ne potrebbe fare un uso strumentale".

Cosa cambierà con questo emendamento nel nostro lavoro?

Orlandini: "Il lavoro di cronista di giudiziaria diventerà ancora più difficile, nonostante la nostra sia una categoria caparbia. Faccio un esempio pratico dei danni di queste leggi che limitano il nostro lavoro: io scopro che un'azienda inquina le acque del porto di Brindisi. Ecco, io ora partirei alla cieca, se non so che magari è già in essere un'indagine sull'argomento. Non solo, potrei interferire con il lavoro degli inquirenti. Certo, ci sono altre fonti: avvocati, testimoni, per esempio. Ma potrei essere fermato in ogni momento, dopotutto potrei sovrappormi a indagini in corso col rischio di rivelare elementi che dovevano rimanere segreti. Grazie alle ordinanze e allo scambio di informazioni con gli inquirenti questo è difficile che accada, tanto per fare chiarezza".

Marinazzo: "Sono d'accordo: sarà più difficile lavorare in questo modo. Lo stesso principio, l'articolo 116 del codice di procedura penale, che è alla base di un provvedimento della Procura di Brindisi che consente ai cronisti di prendere visione delle ordinanze, parla di interesse pubblico. Noi non potremo più avere la possibilità di accedere a questi atti. Credo che ci siano profili di incostituzionalità in questo. Nei regimi totalitari certe cose possono essere pubblicate e altre no. La cronaca giudiziaria è uno dei pochi settori non embedded, indipendente: si occupa solo di fatti, non di opinioni o polemiche. Se venisse meno questa parte, assisteremmo alla morte del giornalismo".

Insomma, questa norma danneggia non solo i giornalisti, ma anche l'opinione pubblica. E' corretto?

Orlandini: "L'opinione pubblica comunque conoscerà i fatti, grazie a noi, ma con grande ritardo e non nei tempi giusti. Col rischio che ci sia intanto l'intervento, la mediazione di altri che nulla hanno a che fare col mondo dell'informazione. I danni dell'assenza della mediazione della nostra categoria si notano ogni giorno sui social".

Marinazzo: "Facciamo un esempio: le rapine presso i centri commerciali, con centinaia di persone all'interno. Vogliamo far sapere a queste persone che c'è un'autorità giudiziaria che riesce a risalire agli autori delle rapine? Oppure devono vivere nell'ignoranza e quindi nel timore che i rapinatori siano ancora a piede libero? Se dobbiamo parlare di presunzione di non colpevolezza, come dice l'onorevole Costa, questa riguarda il processo, non il giornalismo. Si sta giocando, non credo casualmente, su questo doppio piano, facendo confusione".

Chi difende l'emendamento dice che le intercettazioni e gli stralci delle ordinanze, prima del 2017, non potevano comunque essere pubblicati. E' così?

Orlandini: "No, ma ci sono sempre stati dei limiti, quelli della tutela del segreto d'ufficio, è chiaro. Non tutti i giornalisti lo hanno rispettato, ma c'è sempre una valutazione del diritto a informare rispetto alla tutela dell'indagine. Esistono già forme di tutela dell'onorabilità dei cittadini e della presunzione d'innocenza, che sono garanzie, con buona pace dei recenti legislatori. Esistono, all'interno delle redazioni, delle forme di cautela che ci auto-imponiano in casi delicati. Queste leggi non riconoscono tale capacità da parte nostra".

Marinazzo: "Rispondendo alla domanda: no, non è proprio così. C'è sempre la discriminante del diritto di cronaca: è ciò che ci ha consentito di pubblicare le intercettazioni, di venire assolti o prosciolti dalle querele. E' questo il punto. Non esiste alcuna commistione tra giornalisti e magistratura, come qualche complottista va dicendo. Peraltro, la norma che verrà cambiata da questo emendamento (l'articolo 114 del codice di procedura penale) fa vari distinguo, ma chiarisce che gli atti non coperti da segreto istruttorio possono essere pubblicati. Ed è questo che si vuole cambiare. Ecco perché, fino ad ora, possiamo scrivere di perquisizioni e di inchieste in corso. Chiaramente, ripeto, con la prudenza e il rispetto dovuti. Ma questi aspetti sono già disciplinati dal nostro codice deontologico. Quell'emendamento dovrebbe riguardare la magistratura, non noi. Ma a tutti gli effetti interessa i giornalisti".

Riforma Cartabia ed emendamento Costa: un uno-due micidiale per i giornalisti. C'è una volontà precisa e non dichiarata dietro a queste norme?

Orlandini: "Ho citato in precedenza i veri problemi che riguardano la nostra professione. Di fronte a ciò, la politica non si preoccupa di tutelare e difendere il diritto costituzionale di essere informati e di informare, ma pensa solo a tutelare se stessa, secondo me. Questo è un segnale di debolezza grave del sistema democratico: non si può tutelare un diritto cancellandone un altro".

Marinazzo: "Dovrei dare un giudizio politico. Io per deformazione mi attengo ai fatti. La riforma Cartabia riguarda l'autorità giudiziaria, ma di fatto gli effetti ricadono sui giornalisti. C'è stata una contrazione netta dell'informazione diffusa dalla polizia giudiziaria. Adesso i comunicati stampa devono essere vagliati dalla Procura e poi, in caso, pubblicati. Forse in passato c'è stato qualche eccesso, presentando indagati in maniera colpevolista. Tolti gli eccessi, andrebbero fornite informazioni come in passato. Io mi accorgo che ci sono indagini e arresti di cui noi non sappiamo più nulla. Non c'è più alcuna comunicazione".

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