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Lunedì, 29 Aprile 2024
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I Cannabis light nel Brindisino, tra boom e incertezze dopo il lockdown

Aumentano i clienti, ma produttori e commercianti lamentano la poca chiarezza delle leggi in materia

Come tantissimi esercizi commerciali del Brindisino, i cannabis shop sono rimasti chiusi durante il lockdown. Qualcuno si è ingegnato con le consegne a domicilio, altri con i distributori automatici. Una volta riaperti, i gestori si sono resi conto dell’aumento della richiesta. E’ il caso di Andrea Torelli (foto in basso), 51enne di origini romane ma che vive a Brindisi ormai da 30 anni: “Ho tirato su la saracinesca il primo giorno e i clienti mi hanno subissato di richieste: tisane, shampoo, creme. Non c’è solo la cannabis light. Io ho aperto nel 2017, sono stato il primo in città e so che i clienti oltre alle infiorescenze chiedono molto altro”.

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Torelli è il titolare del “Bazar del fumatore” a Brindisi. Lui è tra i tanti commercianti che, dopo la promulgazione della legge 242 del 2016 – per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa –, hanno deciso di investire tempo e denaro in questa attività. La disposizione ha permesso lo sviluppo di un nuovo settore, ma senza nominare esplicitamente le “infiorescenze” (che sono però presupposte come biomassa, termine presente nella legge), lasciando di fatto imprenditori, produttori e commercianti nell’incertezza del vuoto normativo. Le infiorescenze possono essere sì vendute, ma di fatto non è esplicito che si possano utilizzare fumandole. Ma questo non viene neanche vietato. La cannabis light, inoltre, deve contenere bassissimi livelli di Thc (il principio attivo, che non deve superare lo 0,5%, come stabilisce una sentenza della Cassazione).

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La clientela, però, richiede soprattutto le infiorescenze, la cannabis light, come ha potuto notare anche Fabio Baccaro (foto in alto), 39enne di Ostuni, titolare da 2 anni di Hemp Corner. “Durante il lockdown – spiega – ho lavorato solo online, organizzandomi con un coltivatore. Io mi rifornisco dalla Puglia, solo prodotti locali. Terminato il lockdown c’è stato un aumento delle vendite. E mi sono accorto sopratutto di un particolare: l’età dei clienti. Da me non vengono ragazzini, ma gente sui 30 e 40 anni, anche di più. Sanno che con una filiera controllata possono stare più tranquilli. Nonostante questo, mi sento preso in giro dalla poca chiarezza della legge, noi siamo sul filo del rasoio. Eppure la mia è una attività legale, con tre dipendenti. Faccio girare l’economia e do lavoro”.

Come tutti, anche Romano Devicienti (foto in basso) chiede chiarezza e sicurezza. Il 33enne gestisce nella sua Mesagne il Green Majesty: “Durante il lockdown ho lavorato molto con la vendita online. E poi gli acquirenti sono tornati da me quando ho riaperto, fiduciosi nell’avere un prodotto controllato. L’età media è dai 25 anni in su, ma ci sono anche 50enni che acquistano canapa legale, per l’effetto rilassante. Però non nego che è un settore difficile, almeno finché le leggi non saranno più chiare”.

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Angelo Valente (foto in basso) ha 34 anni ed è di Carovigno. Si è laureato in economia e ha deciso di investire nella sua terra in un settore nuovo, quello della canapa appunto. Lui è un distributore di prodotti (il suo si chiama “Bellastoria”) e amministratore della società agricola Brk, che conta due soci e tre dipendenti. Ha fondato un’associazione, la Unica Ets, che dà voce a una cinquantina di produttori e commercianti pugliesi e lucani della canapa. Anche lui deve combattere ogni giorno con l’incertezza: “Ai rischi di impresa normali – spiega – si aggiungono quelli della confusione del quadro normativo. Io sono imprenditore da 3 anni, ma finché le cose non saranno chiarite, come tutti non potrò fare grossi investimenti. Per questo ho fondato questa associazione, per far sentire la nostra voce. Inoltre, la cannabis light toglie spazio e denaro alle mafie. E non è da sottovalutare. Inoltre, produce introiti per lo Stato”.

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In questi giorni 100 parlamentari della maggioranza hanno scritto a Conte chiedendo di discutere della legalizzazione della canapa. Valente segue con attenzione questa vicenda: “Faccio notare che basterebbe aggiungere due parole alla legge 246 del 2016, cioè ‘infiorescenze e derivati’ per chiarire l’equivoco in cui ci troviamo. La mia associazione è nata per sensibilizzare l’opinione pubblica su queste tematiche. Nel Brindisino contiamo almeno una ventina di cannabis shop e molti ettari di piantagioni, dunque ci sono tanti lavoratori nella filiera. Quello della canapa è un settore con enorme potenzialità e a bassissimo impatto ambientale. Non bisogna pensare solo alle infiorescenze: c’è il settore tessile, della carta, dei prodotti alimentari, l’ambito farmaceutico ed edile. Il futuro è la green economy, con una legge adeguata noi in Puglia possiamo farci trovare preparati. E possiamo creare soprattutto nuovi posti di lavoro, in un territorio come quello brindisino in cui c’è un disperato bisogno di occupazione”.

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