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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Fasano

Accusati di pedofilia: incubo finito

FASANO - Tre anni da incubo, costretti a portarsi in spalla il fardello di un’accusa infamante, evidentemente infondata. Bollati come pedofili che avevano costretto una bambina di tre anni a subire strani riti esoterici a sfondo sessuale. L’atroce sofferenza del padre della piccola (che l’aveva in custodia) e della sua compagna, entrambi imputati per abusi, si è chiusa nel tardo pomeriggio di oggi quando i giudici della Corte d’Appello di Lecce hanno letto il dispositivo e con la formula “il fatto non sussiste” hanno ribaltato la decisione di primo grado del Tribunale di Brindisi.

FASANO - Tre anni da incubo, costretti a portarsi in spalla il fardello di un’accusa infamante, evidentemente infondata. Bollati come pedofili che avevano costretto una bambina di tre anni a subire strani riti esoterici a sfondo sessuale. L’atroce sofferenza del padre della piccola (che l’aveva in custodia) e della sua compagna, entrambi imputati per abusi, si è chiusa nel tardo pomeriggio di oggi quando i giudici della Corte d’Appello di Lecce hanno letto il dispositivo e con la formula “il fatto non sussiste” hanno ribaltato la decisione di primo grado del Tribunale di Brindisi.

Nel maggio 2011 la coppia, di Fasano, era stata costretta a chinare il capo dinanzi a una sentenza di condanna per reati orribili. I due non hanno però mai cessato di combattere, al fianco dell’avvocato Giovanni Luca Aresta, e alla fine l’hanno spuntata. Il pg Antonio Maruccia ha invocato l’assoluzione, la Corte ha accolto la richiesta tra le grida di gioia dei diretti interessati, entrambi denunciati nel 2009 dalla madre della piccola, ex moglie di uno dei due.

I due sono entrambi imprenditori agricoli: O.M. ed M.P hanno affermato la propria verità senza mai perdersi d’animo, nonostante si siano ritrovati anche ad essere privati dell’affetto della piccola che nel frattempo è stata allontanata dalla famiglia e ospitata in un centro per minori. “Il favorevole esito della vicenda giudiziaria – scrive l’avvocato in una nota -restituisce dignità a un uomo e una donna che, in virtù di pregiudizi e di spettacolari processi mediatici, non solo sono stati defraudati della propria moralità, ma persino privati di una opportunità lavorativa”.

La sua tesi difensiva, prendendo spunto da precedenti casi accaduti a varie latitudini, ha evidentemente convinto i magistrati della Corte leccese ad assolvere gli imputati poiché secondo le risultanze emerse dal processo, considerato che un giudizio di colpevolezza deve essere pronunciato “oltre ogni ragionevole dubbio, l’unico elemento di prova, la testimonianza della bambina, è stato raccolto con modalità giudicate“falsanti”.

Nel corso del dibattimento l’avvocato Aresta, poi sorretto anche dalla requisitoria del procuratore generale Antonio Maruccia, ha dimostrato come “chi interagisce con il minore avendo nella mente, a causa di una comunicazione ambigua e passibile di più interpretazioni, la terribile paura che questo possa essere stato oggetto di molestie sessuali, può facilmente credere di essere solo il depositario del racconto del bambino, mentre in realtà può partecipare inconsapevolmente alla costruzione del cosiddetto fattoide, ovvero una realtà costruita dal linguaggio, una realtà che ha l’apparenza del fatto senza però esserlo”.

Chiuso un capitolo atroce, sembrerebbe in via definitiva (il pg che ha chiesto l’assoluzione non dovrebbe essere intenzionato a ricorrere per Cassazione e quindi si tratta di un giudizio definitivo), ora ci sono due vite da ricostruire. Nella speranza di poter accogliere di nuovo la bambina, che ora ha quasi sette anni, nella stessa casa che, si è appurato, non era abitata da orchi.

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