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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca

Amianto killer nel Gruppo motosiluranti di Brindisi: condannato il ministero della Difesa

Riconosciuta una speciale elargizione di 200mila euro agli eredi di un ex militare che nei primi anni '60 prestò servizio al "Comos" della Marina Militare di Brindisi

Nella prima metà degli anni 60’ aveva prestato servizio presso il Comos (Comando gruppo motosiluranti) della Marina Militare di Brindisi, entrando a contatto con l’amianto. L’esposizione alla fibra killer è stata riconosciuta da una sentenza del tribunale di Roma, che ha condannato il ministero della Difesa per la Morte di Aldo Martina, ex militare originario del Friulio Venezia Giulia, avvenuta nel 2019, a causa di mesotelioma pleurico legato all’esposizione all’amianto. Ora la Marina militare dovrà ora destinare una speciale elargizione di 200mila euro agli eredi, la moglie Anna, e i figli Emiliano e Sarah, mentre il Ministero dell’Interno è stato condannato al riconoscimento di “vittima del dovere”.

Martina era venuto a contatto con la fibra di amianto durante il servizio militare svolto quando aveva soli 20 anni (dal 21 agosto 1964 fino al 31 ottobre 1965) al Comos Brindisi (Comando Gruppo Motosiluranti), e successivamente presso l'Arsenale Militare Marittimo della Spezia. In qualità di “Sottocapo Radiotelegrafista”, l’uomo era stato costantemente a contatto con polveri e fibre di amianto, utilizzando accessori come parannanze, coperte, guanti e pezze, in un ambiente di lavoro privo di qualsiasi misura di sicurezza. 

Ignaro dei rischi, si occupava della manutenzione e riparazione di impianti di comunicazione navale, manipolava rifiuti, compresi quelli contenenti amianto, senza che venisse dotato di adeguati dispositivi di protezione individuale. A confermarlo, la perizia del Ctu, secondo la quale Aldo Martina era costantemente esposto all’inalazione di fibre di amianto aerodisperse nell’ambiente di lavoro provenienti da apparecchiature di sala macchine, tubolature, cavi e trattamenti coibentanti delle imbarcazioni. Tutte sostanze che si liberavano in ambienti ristretti. Anche le vernici usate a bordo contenevano asbesto, contribuendo ulteriormente alla sua esposizione. 

Nel 2018, i primi problemi respiratori e, nell’agosto dello stesso anno, la diagnosi di mesotelioma, muore nove mesi dopo, vittima di una malattia causata da un ambiente di lavoro pericoloso. “Nonostante l’evidenza – si legge in un comunicato dell’Osservatorio Amianto – il Ministero della Difesa aveva rigettato la domanda risarcitoria, ritenendo che il mesotelioma fosse legato a una esposizione successiva al congedo e la famiglia ha ottenuto giustizia solo grazie all’azione legale dell’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (Ona), che ha ricostruito la vicenda”.

La strage invisibile

“Il rapporto INAIL ReNaM (registro nazionale mesoteliomi) del 2018 - si legge ancora nel comunicato dell’Osservatorio - ha confermato che il minerale era presente delle navi, negli arsenali e in tutti gli ambienti della Marina Militare e il suo impiego, che risale agli anni ’60, è stato ampiamente documentato. Dal 1993 sono stati registrati più di 2000 casi di mesotelioma tra i lavoratori del settore trasporto marittimo, dei cantieri navali e della Difesa militare. L’Ona è impegnato nella tutela delle vittime dell’amianto per esposizioni nelle unità navali della Marina con un servizio di consulenza tramite il sito  https://www.osservatorioamianto.it/  o il numero verde 800 034 294”. 

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