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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca Mesagne

Incendio chiosco e intestazioni fittizie: pm chiede assoluzione per Pasimeni & Co.

Per l’accusa i sette imputati, tra cui due pezzi da novanta, vanno tutti assolti dalle accuse di danneggiamento seguito a incendio e di altre violazioni contestate a margine dell’operazione “Codice da Vinci”

MESAGNE - Per l’accusa i sette imputati, tra cui due pezzi da novanta, vanno tutti assolti dalle accuse di danneggiamento seguito a incendio e di altre violazioni contestate a margine dell’operazione “Codice da Vinci” che portò all’arresto del numero uno della Scu mesagnese, Massimo Pasimeni. Il pm Alberto Santacatterina, oggi, al termine della requisitoria ha chiesto l’assoluzione per lo stesso Pasimeni, per la moglie Gioconda Giannuzzo, per Carmine Campana, Nicola Padula, Carmelina Calò e per Bianca Stella Rolli. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Marcello Falcone, Rosanna Saracino, Gianfrancesco Castrignanò e Serafino De Bonis. Si torna in aula per le arringhe difensive e per la sentenza il primo dicembre prossimo.

Massimo PasimeniMassimo Pasimeni e Carmine Campana sono imputati quali esecutori materiali dell’incendio al bar “Chalet Berso Cafè”. Bianca Stella Rolli, Carmelina Calò e Nicola Padua, sono imputati per aver acconsentito alla fittizia intestazione di quote di partecipazione della società Auto Vogue; Massimo Pasimeni e la moglie Gioconda Giannuzzo per la fittizia intestazione di un immobile mediante un simulato atto di compravendita per consentire a Pasimeni di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali. Fatti che risalgono al 2008 e al 2009.

Quanto all’inchiesta madre, l’operazione Codice Da Vinci, furono indagini della Squadra Mobile che inquadrarono una rete di attività commerciali di copertura collegate tutte al gruppo familiare di Pasimeni, che si avvaleva del proprio potere intimidatorio per farsi consegnare auto da Apruzzi per indirizzarle a ditte di commercializzazione di auto usate intestate ad altri imputati, e nello stesso modo avrebbe obbligato De Cillis all'acquisto forzato di partite di vino provenienti da operazioni illegali.

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