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Cronaca

La falda in contrada Formica "è ancora oggi contaminata". Pm: "11 condanne e confisca discarica"

Sono almeno un paio i punti di una disamina dei fatti e delle imputazioni durata due ore che anche a distanza di tempo dalla datazione delle contestazioni riescono ancora a far rabbrividire, seppur di parte.

BRINDISI - Sono almeno un paio i punti di una disamina dei fatti e delle imputazioni durata due ore che anche a distanza di tempo dalla datazione delle contestazioni riescono ancora a far rabbrividire, seppur di parte. Il primo: la falda sottostante alla discarica di contrada Formica, che per l’accusa va confiscata, è contaminata da metalli pesanti, irrimediabilmente compromessa da una attività di traffico illecito di rifiuti pericolosi e di esercizio non autorizzato che ha provocato conseguenze gravissime, durature, forse permanenti in quel di Brindisi. Il secondo: se ciò è accaduto, è stato perché qualcuno con atteggiamenti eccessivamente compiacenti, con autorizzazioni facili, ha svenduto il territorio al fulgido Nord Est super avanzato, super industrializzato. E perché in quel luminoso e produttivo Nord Est c’è chi ha pensato di utilizzare la Puglia, e Brindisi in particolare, come una pattumiera: “se avessero voluto smaltire a 30 chilometri di distanza, a Brescia o a Treviso, avrebbero potuto farlo. Lì potevano essere ospitati gli stessi rifiuti che venivano portati a Brindisi”. Lo ha rimarcato tre volte il pm Giuseppe De Nozza nella sua requisitoria, oggi, in una delle battute finali di un processo iniziato tempo addietro, per fatti vecchi ma attualissimi, al termine del quale ha invocato condanne a pene fino a 5 anni e 8 mesi di reclusione oltre che chiesto la definitiva acquisizione della discarica al patrimonio dello Stato.

Perché allora da lassù, da quella zona d’Italia che è stata ed è esempio di modello produttivo che funziona, si facevano viaggi interminabili fino al tacco d’Italia? La risposta che ha enunciato a chiare lettere il pm De Nozza, al cui fianco sedeva il procuratore della Repubblica di Brindisi, Marco Dinapoli, stamani in aula, è la seguente: “Perché a Brindisi il controllo era addomesticato”. Formica era un impianto “generoso”. Ecco la ragione. Una “montagna” di immondizia è arrivata quaggiù. Nel tanto vituperato Meridione. “A Brindisi non c’era il prestoccaggio”. Lo si evince dall’attività tecnica fatta dai carabinieri del Noe che hanno rilevato che solo una minima parte della spazzatura “pericolosa” conferita all’impianto di Formica veniva controllata per lo più in modo “incompleto”. Ma anche dalle intercettazioni telefoniche.

Lassù, nel Nord Est di Italia “campionano i rifiuti prima di farli andare in discarica. A Brindisi questo sistema non esisteva”. Pochi secondi e via. A Formica: “andava dentro di tutto”. La ricostruzione di De Nozza è durata a lungo ed è dettagliata in 896 pagine di conclusioni scritte messe a disposizione del Tribunale (De Angelis, Cacucci, Nestore). L’impianto in questione finì sotto la lente della magistratura dopo un esposto del presidente della Provincia Michele Errico, perché crocevia di rifiuti tossici e nocivi smaltiti illecitamente.

Il 18 marzo del 2009 scattò il blitz. I carabinieri del Nucleo operativo ecologico sequestrarono la discarica ed eseguirono un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 10 persone, 6 in carcere e 4 agli arresti domiciliari. A processo ci sono 11 persone fisiche e una persona giuridica. Parte civile la Provincia e il ministero dell’Ambiente, con richieste risarcitorie milionarie.

Ma torniamo alle conclusioni del pm.

Il conferimento e i codici che classificano i rifiuti

Il pubblico ministero è partito dalle procedure di classificazione dei rifiuti, dai codici Cer e dalla normativa europea che tra asterischi e non asterischi indica modalità di conferimento ben precise per il materiale che viene indubbiamente classificato come pericoloso. “In questo processo – ha spiegato De Nozza – discutiamo per la gran parte di pericolosi assoluti che sono entrati in quell’impianto nonostante non fossero caratterizzati o fossero stati caratterizzati in maniera sommaria o incompleta”. Se così è stato per davvero, come la consulenza dell’accusa vuole dimostrare, lo stabiliranno i giudici di primo grado il 4 dicembre, quando è prevista la sentenza.

Ad ogni modo, lasciando da parte i tre conferimenti per cui la Cassazione ha ritenuto che gli accertamenti fossero inutilizzabili, il racconto non solo in termini di vantaggio economico per le parti in causa, ma soprattutto per il danno arrecato oltre che per le eventuali e connesse conseguenze alla salute, costituisce uno spicchio rilevante della storia brindisina in tema di tutela ambientale. Perché non c’è solo la grande industria contro cui puntare il dito. Ma va sempre tenuto bene a mente che dalla Terra dei Fuochi ai rifiuti interrati nel Salento, la malavita organizzata è proprio sulla monnezza che ha messo le mani per far soldi. A Brindisi - sempre se sarà appurato che il pm e i carabinieri del Noe avevano ragione ed effettivamente Formica sarà anche per i giudici di primo grado quel ricettacolo del Nord Italia, la succursale nel tanto vituperato Sud del malaffare organizzato nel Settentrione splendido splendente descritto dall’accusa - si potrà ben dire che la destinazione finale della spazzatura pericolosa è stato localizzato. I rifiuti sono stati trovati. La falda “inquinata” si sa bene qual è.

“Il profitto – ha detto il pm in un passaggio – non può prevalere sulla tutela del bene comune”. Lo stabilisce un trattato europeo: “Nel dubbio si sacrifica l’attività produttiva a vantaggio del sistema ambientale. Perché l’attività produttiva tutela l’interesse di un singolo, il rispetto dell’ambiente, il rispetto dell’ambiente circostante, l’interesse della collettività”.

Secondo l’accusa, insomma, accadeva in quel di Formica che su 133 carichi entrati in 114 almeno un rifiuto non sarebbe stato ammissibile anche solo per il Cer, il codice che lo identificava e che è acronimo di Catalogo europeo dei rifiuti. Roba da centinaia di autotreni ognuno dei quali trasportava in media 30 tonnellate di spazzatura.

Spalmati sarebbero stati “un chilometro di rifiuti alti un metro e larghi tre”.

La contaminazione della falda.

“La falda sottostante alla discarica Formica è contaminata in ragione di una perdita di percolato nell’impianto”. Rotto o non rotto, è stata la dirigente del dipartimento di Brindisi dell’Arpa Puglia, Annamaria D’Agnano a dirlo a processo.

“Il consulente della difesa ha sostenuto che fosse colpa del mare, rientrato nella falda a cinque chilometri di distanza. Insomma la falda inquinata a causa dell’oasi marina di Torre Guaceto” ha sostenuto il pm. Ipotesi paradossale che non tiene conto delle dichiarazioni dell’Arpa che invece non solo supportano l’accusa ma che hanno introdotto circostanze che fanno luce su elementi non di poco rilievo: 10 sono i pozzi di Formica. Nel sottosuolo sono stati trovati metalli pesanti. C’era manganese, nichel, piombo. C’era anche cloroformio. E l’Arpa ha escluso che “possano essere il frutto di attività antropiche diversa dall’esercizio di quella discarica”.

C’è poi il capitolo che riguarda le corruzioni, le rivelazioni del segreto d’ufficio, i reati contro la pubblica amministrazione, le incompatibilità ignorate. Resta un dato fondamentale: “La causa di contaminazione della falda non credo ad oggi sia stata rimossa” ha detto De Nozza. C’è stata una migrazione del percolato nella falda superficiale: “I metalli sono rimasti e si alimentano”.

Brindisi, la pattumiera del Nord Est.

“I rifiuti – ha poi ribadito – prodotti al Nord Est sono venuti nel tanto vituperato meridione perché qui era conveniente. C’era un infedele della Forestale, un infedele della polizia provinciale. I controlli dell’Arpa devono essere preannunciati. O girava il Noe o non veniva fuori nulla. Il Noe era l’unica variabile non controllata, se le indagini non fossero partite Formica sarebbe rimasto un impianto sicuro, generoso”.

Le richieste di pena

Il pm Giuseppe De NozzaPer Vincenzo Fiorillo, 5 anni e 8 mesi ; per Paolo Castiglione, 5 anni e 8 mesi; Gianluca Di Giulio, 5 anni; Giovanni Birtolo, 4 anni e 6 mesi; Cosimo Cucinelli, un anno e sei mesi; per Giuseppe Vidori, Andrea Vidori e Maurizio Chiesurin, 4 anni; per Alessandro Morgese, due anni; per Loris Filomena e Francesco Spagnoletto, 1 anno e 6 mesi.

I personaggi sicuramente più rilevanti del procedimento sono Vincenzo Fiorillo, difeso dall'avvocato Alessandro Dello Russo e Giuseppe e Andrea Vidori, difesi dall'avvocato Rosario Almiento cui toccherà discutere a partire dal 27 novembre prossimo. 

Per Formica Ambiente, come società, la condanna alla sanzione pecuniaria di 540mila euro.

Infine la richiesta di confisca della discarica di contrada Formica: “trattasi di impianto che è servito e che è stato destinato alla commissione dei reati” in questione. Ossia il luogo in cui “hanno fatto ingresso e sono state abbancate migliaia di tonnellate di rifiuti speciali, che quell’impianto non era autorizzato a ricevere”. E’ stato inoltre l’oggetto e il luogo di svolgimento dell’attività professionale del chimico che patteggiò in sede di indagini preliminari: attività che si ritiene sia stata ispirata da meccanismi corruttivi. Quindi il luogo in cui si è compiuto un illecito.

La discarica Formica oggi e l’attualità di un provvedimento di confisca.

La discarica Formica, sotto sequestro e affidata a un custode giudiziale, la scorsa primavera è rientrata in esercizio dopo che la Regione Puglia ha rilasciato l’Autorizzazione integrata ambientale, nonostante il parere contrario della Provincia di Brindisi e l’assenza della valutazione di impatto sanitario. Il Tar ha annullato tutto, accogliendo un ricorso del Comune. Nel frattempo la Regione l’ha individuata come la discarica che probabilmente dovrà ricevere i rifiuti provenienti dalla discarica di Trani, di cui lo scorso 6 settembre è stata ordinata la chiusura. 

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