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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca Fasano

Amore e stalking ai tempi di Facebook. Quando un processo può deciderlo uno smiley

E' amore, poi stalking, quindi processo nell'era dei social network. Una battaglia tra ex che si trasforma in cyber-guerra e che va a finire in un'aula di Tribunale dinanzi a un giudice il cui fascicolo è pieno zeppo di "screenshot", schermate fotografate dal pc con conversazioni chat. Più di 800 messaggi Fb in un solo giorno.

PEZZE DI GRECO - “Ci eravamo lasciati, ma lui ha postato su Facebook una nostra foto con i cuoricini fatti con photoshop”. “Ma lei lo ha cancellato dagli amici? Quando lo ha rimosso?”. E ancora: “Rilegga questa conversazione, si conclude con uno smiley, allora non stavate litigando”. “Eh, però, lui mi minacciava via mail di mandare video erotici a mia madre”. E’ amore, poi stalking, quindi processo nell’era dei social network. Una battaglia tra ex che si trasforma in cyber-guerra e che va a finire in un’aula di Tribunale dinanzi a un giudice il cui fascicolo è pieno zeppo di “screenshot”, schermate fotografate dal pc con conversazioni chat. Più di 800 messaggi Fb in un solo giorno.

La storia è tutt’altro che virtuale, però, se vi si aggiungono i pedinamenti, le minacce, e gli inseguimenti. Fatto sta che il fulcro del giudizio celebrato oggi dinanzi al giudice monocratico Luca Scuzzarella è una mole di contenuti informatici di vario tipo. E che perfino il lessico processuale, in situazioni di questo genere, par’essere un po’ mutato, del resto bisogna adeguarsi ai tempi. Si deve necessariamente dibattere di animoticon, dei sorrisini che danno un tono diverso alla conversazione. E poi di amicizie richieste, revocate, di gruppi e commenti vari.

LE FACCINE SU WHATSAPP-2Per tornare al concreto, la vicenda è su per giù la seguente. Una giovane donna di Pezze Di Greco un bel dì chiede l’amicizia su Facebook a un uomo che vi si era registrato con un nome diverso dal proprio e che non aveva pubblicato alcuna foto per lasciar identificare il suo profilo. “Perché allora gli ha chiesto l’amicizia?” ha domandato durante l’esame della parte civile il pm Milto Stefano De Nozza. Semplice: “Avevamo amici in comune, frequentavamo gli stessi gruppi e in qualche circostanza ci eravamo ritrovati ad avere opinioni simili”. Sempre sul social network.

Parrebbe una love story triste, un confronto tra tastiere, ma si scopre che non è così. C’è ancora un pizzico di umanità anche nelle relazioni fra generi diversi. I due si incontrano. Prima con gli amici. Lui fa il grafico pubblicitario, lei è un’insegnante precaria che si dedica al volontariato. Vanno al pub (per fortuna!), bevono una birra, fumano una sigaretta. Stanno insieme. Vivono. Non solo Whatsapp, dunque, non solo Facebook.

Nasce qualcosa, un rapporto che dura alcuni mesi. Poi lei lascia lui e a quanto pare lui non se ne fa una ragione. Entrano in scena varie persone: ex amici, nuovi compagni. Il leit-motiv è la gelosia. Ciò che denuncia la presunta vittima ai carabinieri è un crescendo di scenate, di rivendicazioni, di manifestazioni di possesso non desiderate.  Così tanto insistenti da indurla a vivere con l’ansia, a mutare le proprie abitudini di vita. A non uscire più da sola, a non riuscire neppure ad allacciare nuovi rapporti d’amicizia, d’amore o chissà cosa.

“Ogni volta che uscivo con un nuovo ragazzo, lui piombava nella mia vita per sostenere d’essere ancora il mio fidanzato”. E non lo era più: “Glielo avevo detto in tutti i modi”. Poi ancora: “Dopo molto tempo che non ci frequentavamo più ha pubblicato due nostre foto su Facebook, una delle quali con i cuoricini”.

“Un bel giorno si è presentato a casa mia con una stella di Natale per mia madre”. Cosa ci sarebbe di sbagliato? Beh, lei non aveva mai presentato il suo ex ai famigliari. Una sequela di gesti apparentemente gradevoli, ma in realtà inopportuni. Fino al punto da divenire molesti. Poi il ricatto: le mail inviate per “minacciare” di consegnare ai parenti contenuti hard. Le offese: “fumi e bevi come una pornostar”. E poi: “Devi tornare con me, tu stai con me, io sono il tuo fidanzato”. Ha parlato la presunta vittima in aula, rispondendo alle domande di accusa e difesa. Poi numerosi testi. C’era anche l’imputato, raggiunto da un provvedimento che gli impedisce di avvicinarsi alla donna che ha lo ha querelato. Sarà sentito durante la prossima udienza, a novembre, quando sarà anche emessa la sentenza. Al di là di chi abbia torto o ragione, bisogna ormai rassegnarsi a una realtà incontestabile. Perfino a palazzo di giustizia approdano le faccine spiritose delle chat. Si giungerà al punto in cui per decidere tra innocenza e colpevolezza ci si chiederà se il bacio che partiva dalla faccina fosse con o senza il cuoricino rosso. 

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