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Cronaca

Tre vendette dopo l’ergastolo: “Si deve fare il segno della croce a rovescia”

Secondo la Squadra Mobile Antonio Campana progettava ritorsioni nei confronti di un pm dell’Antimafia di Lecce, di un avvocato penalista e di un ex familiare del fratello Sandro, pentito della Scu. In caso di fallimento dell’evasione, pensava a un permesso premio

BRINDISI – Dopo la fuga, l’ergastolano stava meditando vendetta nei confronti di tre persone. Antonio Campana, secondo la Squadra Mobile di Brindisi, nutriva rancore prima di tutto nei confronti di un pm del pool dell’Antimafia, poi voleva recapitare un messaggio intimidatorio a un avvocato penalista molto conosciuto tra Brindisi e Lecce e infine progettava di dare una lezione a un parente acquisito del fratello Sandro, collaboratore di giustizia dopo aver rinnegato gli anni trascorsi nella Sacra Corona Unita.

La questura di Brindisi

I propositi di vendetta

Niente fuga. Niente triplice vendetta. Sventata l’evasione, di conseguenza le azioni successive. I “tre propositi di vendetta” sono stati scoperti dagli agenti della sezione Catturandi della questura nell’ambito dell’inchiesta chiamata Oltre le mura, sfociata negli arresti eseguiti lo scorso 15 maggio, su richiesta dei magistrati della Direzione distrettuale Antimafia di Lecce. Dodici brindisini, a partire da Antonio Campana, sono accusate di aver fatto parte della Scu contemporanea. Lui, l’ergastolano che progettava l’evasione contando sulla complicità dello zio Igino, mesagnese, arrestato anch’egli, avrebbe avuto un ruolo di primo piano, assieme a Raffaele Martena.

Campana pensava di farsi giustizia da sé, una volta lasciatosi alle spalle il penitenziario di Terni, dove era ristretto in seguito alla condanna al carcere a vita per l’omicidio di Massimo Delle Grottaglie, diventata definitiva lo scorso anno, per effetto della pronuncia della Cassazione. Voleva mettere in pratica i sentimenti di “forte rancore”, stando a quanto si legge nell’integrazione d’indagine depositata nei giorni scorsi dal dirigente della Mobile.

Le intercettazioni

Piano di fuga e vendetta sono venuti a galla ascoltando anche i colloqui in carcere tra Antonio Campana e lo zio, dopo aver avuto il sentore che l’ergastolano fosse tornato a pieno titolo nell’associazione mafiosa, dopo un allontanamento a scopo prudenziale in prossimità della sentenza relativa all’esecuzione di Delle Grottaglie.

Stralci dei colloqui intercettati sono stati riportati nella relazione confluita nel fascicolo della Dda, a conferma della pericolosità dell’indagato e delle persone ritenute a lui vicine, come evidenziato dal Tribunale del Riesame nel momento in cui ha respinto i ricorsi discussi dai difensori.

Il permesso premio

Campana, sempre stando a quanto accertato dalla Mobile, nel caso in cui fosse fallito il piano di evasione, pensava di sfruttare un permesso premio per non far rientro nel penitenziario e diventare, di conseguenza, latitante a tutti gli effetti. Da uomo libero, anche se ricercato, avrebbe potuto recapitare messaggio a scopo intimidatorio nei confronti di almeno tre persone.

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I tre nominati da Campana

Il primo nome ascoltato nella conversazione coincide con quello di un mesagnese, ex parente di Sandro Campana, il fratello che ha accusato non solo Antonio, ma anche l’altro della famiglia, Francesco Campana, il maggiore dei tre, considerato il boss della Scu, frangia storica riconducibile a Rogoli-Buccarella. Il movente sarebbe legato a una questione di denaro: “Mi deve dare 2.500 euro”. Non è stata specificata la provenienza di quei soldi.

L’altro nome fatto da Antonio Campana allo zio Igino corrisponde a quello di avvocato penalista, molto conosciuto nei tribunali di Lecce e Brindisi. Il motivo? “Non si sta facendo sentire. Quello si deve fare la croce a rovescio, glielo dissi una volta ‘Antonio te vene e cerca (ti viene a cercare) a te e a quell’altro”. L’altro è uno dei sostituti procuratore della Dda di Lecce, pool di magistrati impegnati nella lotta alla Sacra Corona Unita. In questo caso, la motivazione è direttamente riferibile alla richiesta di condanna all’ergastolo, accolta dai giudici e confermata dagli Ermellini, per Antonio Campana: per il pm della Dda fu “esecutore materiale dell’omicidio premeditato di stampo mafioso”, in concorso con un altro affiliato della Scu, Carlo Gagliardi, estraneo all’inchiesta Oltre le mura.

Restano coperti da omissis diversi passaggi dell’informativa conclusiva che comprende altre intercettazioni e pizzini scritti dal carcere e inviati ad altri detenuti, così come a brindisini liberi.

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