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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Luciana Delle Donne, da manager rampante ad angelo delle detenute

Una persona che lascia un lavoro e uno stipendio da top-manager per mettere su famiglia e dedicarsi al sociale, o è pazza o ha qualcosa di speciale. Luciana Delle Donne, 51 anni ben portati, modi da ventenne e spirito da sedicenne, è un po' folle e molto speciale: nel 2004 lasciò Milano e il mondo bancario, dopo aver creato la banca multicanale e con una proposta per andare a Londra (a guadagnare ancor di più) per tornarsene a Lecce, dove di lì a poco diede vita all'Officina Creativa e al marchio Made in Carcere, che ha dato lavoro e speranza ad un centinaio di donne detenute.

Una persona che lascia un lavoro e uno stipendio da top-manager per mettere su famiglia e dedicarsi al sociale, o è pazza o ha qualcosa di speciale. Luciana Delle Donne, 51 anni ben portati, modi da ventenne e spirito da sedicenne, è un po' folle e molto speciale: nel 2004 lasciò Milano e il mondo bancario, dopo aver creato la banca multicanale e con una proposta per andare a Londra (a guadagnare ancor di più) per tornarsene a Lecce, dove di lì a poco diede vita all'Officina Creativa e al marchio Made in Carcere, che ha dato lavoro e speranza ad un centinaio di donne detenute.

Come si fa a cambiare vita come ha fatto lei?

«È come se avessi messo un altro paio di occhiali. Vedevo il mondo con una logica tridimensionale: i ricchi rincoglioniti, i poveri disperati, i giovani che non esistono come se fossero una generazione invisibile. Quando lavori in banca, con i numeri e i software, con gli ordini in automatico, non vedi la gente, non noti la folla. Ero troppo presa dal creare efficienza e innovazione. E questa è una cosa che mi sono portata dietro, perché se vuoi ottenere qualcosa devi fare in modo che le cose avvengano: ho sentito dire a centinaia di persone che hanno idee e progetti, ma poi nessuno fa niente. Ci vuole molta fatica e tenacia per fare le cose».

Perché il carcere?

«Ho visto giovani disperati che nessuno teneva in considerazione. Persone invisibili che camminavano. Ho iniziato da loro, dagli studenti. Ma ho capito subito che lì l’intervento deve essere istituzionale, non puo partire con una logica da privato. Un giorno ho pensato alle donne in carcere, perché a Milano avevo visto dei capi creati da alcune detenute. Da lì è nata l'idea di produrre borse, sciarpe e quant'altro».

È stato facile iniziare?

«No, perché prima di me, nel carcere di Lecce, erano entrati i "professionisti della formazione” quelli che fanno un progetto, prendono i soldi e non tornano più. Io non volevo fare così. Ma loro avevano paura che lo facessi. Mi guardavano con diffidenza: ho spiegato che non ero una imprenditrice e che stavo facendo un esperimento. Ancora oggi dico loro: raddrizziamo insieme le cuciture storte della vostra vita».

Chi l'ha aiutata?

«All'inizio ho chiesto i tessuti a degli amici ed ho scoprero che erano contenti di liberare il magazzino dagli scarti e dalle rimanenze. Uno di loro, Luciano Barbetta, mi prestò anche alcune macchine, che poi comprai con i primi utili dell’azienda. Insomma, capii che si potevano usare le rimanenze di magazzino: facevo bingo sia dal punto di vista della tutela dell’ambiente che dell’inclusione sociale».

Oggi Made in Carcere ha 16 dipendenti detenute che lavorano 6 ore al giorno e percepiscono 500-600 euro. Tranne lei che non prende un euro, perché?

«Non posso, andremmo in perdita. Ho guadagnato molto in passato. Ma ora i soldi stanno per finire, devo ricominicare a guadagnare qualcosa anch’io» (sorride).

Lei è folle.

«Sono strana, lo so. Ho fatto una scelta di vita. Volevo provare la povertà, stare tra la gente in un certo modo. Quando lasciai la banca mi dissi: voglio pagare per lavorare!».

Cosa cercava Luciana Delle Donne?

«Volevo dimostrare che fare del bene fa bene: se lavoriamo per un benessere comune è molto più facile essere felici».

L’Officina Creativa ha vinto un bando per l’assegnazione di un immobile confiscato alla Scu a Cellino San Marco: tra un anno ospiterà la prima “Casa delle donne”: sarà un centro di accoglienza per detenuti, un laboratorio, una sartoria, una web-radio, un centro di ascolto per ragazzi. Chi vuole saperne di più o è interessato ai prodotti della cooperativa: www.madeincarcere.it. Il marchio è presente anche su Facebook.

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