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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Tentata estorsione alla festa del Casale, i due arrestati davanti al gip

Si difendono dalle accuse, dopo essere finiti in carcere. Le indagini della Squadra Mobile di Brindisi e i dettagli dell'inchiesta che riguarda l'"Ave Maris Stella"

BRINDISI - Si sono difesi dalle accuse, dopo che sabato 10 settembre sono finiti nel carcere di Brindisi, con l'accusa di tentata estorsione aggravata al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso. I due arrestati sono i brindisini Gennaro Di Lauro (43 anni) e Cosimo Carrisi (45 anni), difesi rispettivamente dagli avvocati Cinzia Cavallo e Gianvito Lillo. I due avrebbero tentato di estorcere denaro e fatto pressioni sull'organizzatore della festa dell'"Ave Maris Stella" al Casale di Brindisi. I due sono comparsi oggi, martedì 13 settembre, davanti al gip del Tribunale di Lecce, Giulia Proto. Sono stati arrestati su richiesta della Procura distrettuale antimafia (pm Carmen Ruggiero) che ha coordinato le indagini condotte dalla Squadra Mobile della Questura di Brindisi. Carrisi, in particolare, ha spiegato di non essere affiliato e di essere stato "tirato in mezzo" in questa vicenda. E infatti è bene ricostruire proprio la vicenda.

La gestione della festa

Negli anni a organizzare la festa "Ave Maris Stella" del Casale ci pensa Gennaro Di Lauro. Fa richiesta di autorizzazione al Comune e la ottiene. Per gli inquirenti è lui il "dominus" dell'evento, in quanto a Brindisi nessuno "osa" interferire e richiedere al Comune l'autorizzazione per organizzare tale evento. Ma nel 2022 qualcosa cambia. Si mette di mezzo un giovanissimo brindisino, la vittima, che ottiene i documenti per l'organizzazione e inizia a contattare gli ambulanti per le bancarelle. Gennaro Di Lauro - per usare un eufemismo - non la prende bene. E insieme a Cosimo "Mino" Carrisi avrebbe iniziato a tempestare di telefonate sia la giovanissima vittima, che i suoi stessi familiari.

Le indagini e le telefonate

La festa, che si svolge nel weekend successivo a quella dei santi patroni brindisini, si avvicina, i preparativi entrano nel vivo, Gennaro Di Lauro non ci sta. Pretende che la vittima si faccia da parte, perché ritiene che la festa sia "roba sua", pretende 10 mila euro dall'organizzatore. Il quale si presenta in questura a Brindisi. Gli agenti della Squadra Mobile del capoluogo adriatico, guidati dal vice questore Rita Sverdigliozzi, prendono in mano la situazione. Le telefonate sono importanti. Di Lauro e il suo presunto spalleggiatore Carrisi non si sarebbero limitati a contattare la giovanissima vittima, ma anche i suoi familiari. Il tenore delle minacce non lascia molto spazio alla fantasia.

Le minacce alla vittima

Le frasi pronunciate al telefono, oltre a essere "pittoresche", sono molto dirette. Gli agenti della Mobile ascoltano e annotano. Gennaro Di Lauro pretende che la vittima si tolga di mezzo o, in alternativa, dia 10 mila euro. Altrimenti "dove ti vediamo vediamo, ti facciamo buchi buchi". Notare il plurale utilizzato. Carrisi non è da meno: minaccia la vittima di mandarla all'ospedale per diversi giorni, anche perché si trova davanti "un infame, un infamone". Avrebbe pronunciato queste parole mentre la vittima si trovava in Questura. Il cellulare era in viva voce. Il plurale viene utilizzato sovente nelle conversazioni, quasi come i due indagati avessero alle spalle qualcun altro. Di pericoloso, tra l'altro. E' la lettura che danno gli inquirenti, che li spingerà a contestare l'aggravante del 416 bis, l'associazione mafiosa.

Il collaboratore di giustizia

A Brindisi si scrive "associazione mafiosa", si legge "Scu". Gli investigatori ritengono che la forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo sia evidente. Le minacce, nonostante a volte la reazione della vittima, inducono chi è preso di mira ad essere atterrito. L'obiettivo è di portare la giovanissima vittima a più miti consigli. Dopotutto Di Lauro è da anni organizzatore della festa, su autorizzazione del Comune di Brindisi. Nell'ordinanza di custodia cautelare si cita anche il collaboratore di giustizia Andrea Romano, capo dell'omonimo clan operante a Brindisi. Per Romano Mino Carrisi è affiliato a un brindisino dalla pesante levatura criminale. E questo lo rende più forte in fase di "negoziazione", ovvero di tentata estorsione.

Le dichiarazioni del sindaco di Brindisi

All'indomani dei due arresti è intervenuto sulla questione, con un post Facebook, anche Riccardo Rossi, sindaco di Brindisi: "Ringrazio il questore di Brindisi, Annino Gargano, e tutti gli inquirenti per la pronta reazione al tentativo di estorsione che sarebbe stato messo in atto nei confronti del proponente del mercatino del Casale autorizzato dal Comune. Bene la denuncia che l'organizzatore ha prontamente fatto in questura. Non si può e non si deve subire. Ogni tentativo di uso della forza e minacce per condizionare in città le attività economiche, e non solo economiche, non è accettabile. Il rispetto della legalità è l'unica strada possibile per una comunità libera e forte".

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