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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

La bufala in chat: notizia falsa "confezionata" con il logo di BrindisiReport

Il fotomontaggio con un giovane che sarebbe stato arrestato perché la sua barberia era un covo di spaccio. La notizia si riferisce a fatti avvenuti a Genova, ma il nome e la foto del malcapitato della provincia di Brindisi non c'entrano niente

BRINDISI - Il logo è proprio quello di BrindisiReport. Poi, c'è la sigla di una giornalista della testata. Quindi, l'occhiello "cronaca" e il titolo, sparato su tre righe: "Troppi clienti calvi dal parrucchiere, ma i carabinieri non la bevono: la barberia era un luogo di spaccio". Il sommario, invece, spiega che i militari, in un piccolo comune del Brindisino, hanno confiscato cocaina ed eroina. Il titolare dell'esercizio commerciale è stato arrestato. Sotto, una foto con il viso del barbiere, con tanto di "pecetta" nera a coprire gli occhi e, accanto, l'ingresso della barberia. Peccato che sia una bufala. E che stia girando attraverso i messaggi di una nota applicazione di messaggistica istantanea. E' una balla sesquipedale, sì, ma verosimile. Probabilmente - si spera - un gioco tra amici sfuggito di mano.

Un arresto vero, ma eseguito a Genova

Qualche accortezza preliminare: in questo articolo non viene indicato, ovviamente, né il nome del malcapitato, né tantomeno il comune in cui esercita. Non si vuole neanche correre il rischio di renderlo identificabile. Dopotutto, non ha fatto niente. La notizia di cronaca, quella sì, è vera e si riferisce a un episodio accaduto giorni addietro in quel di Genova (qui l'articolo, questa  volta reale, di GenovaToday). E certamente ha fatto il giro d'Italia, nonostante gli arresti per droga siano quotidiani: il "viavai di clienti calvi" che ha fatto insospettire i carabinieri liguri è certamente degno di nota e di notiziabilità. Ma associare - magari davvero con intento goliardico - il nome e il cognome di qualcuno estraneo ai fatti a vicende di carattere criminale è materia da codice penale.

Una bufala con una foto di troppo

C'è da dire che il fotomontaggio è verosimile. Ma c'è un dettaglio che può essere notato da un occhio allenato: la foto con tanto di occhi coperti, scattata dopo l'inesistente arresto. Ecco, ormai i giornali non pubblicano più, da anni, i volti degli arrestati in questo modo. Prima era prassi, adesso è impensabile. Anche per ovvi motivi di garantismo: "arrestato" non vuol dire "condannato". Tornando alla bufala che vede BrindisiReport, suo malgrado, protagonista, si fa presente agli autori dello scherzo - naturalmente la malafede, l'intento di diffamare questo ragazzo, non può essere esclusa a priori - che agendo in questo modo non si danneggia solo la persona associata a reati mai commessi (o, meglio, commessi da altri e altrove), ma si danneggia la stessa testata giornalistica.

Una testata "sfruttata" per una notizia falsa

Perché la balla confezionata ad arte ha fatto il giro delle chat? Non è neanche escluso che tale diffusione non fosse prevista dal confezionatore di bufala. Lui - ammesso che sia un singolo - ha sfruttato il "nome" di una testata regolarmente registrata al Tribunale e che si occupa di fatti cronaca, attiva sul territorio brindisino da anni e anni. Così un ignaro lettore si vede arrivare lo screen, non nota nulla d'insolito - foto a parte, come detto sopra - e pensa che il povero ragazzo sia stato davvero arrestato. Per non parlare della collega, le cui iniziali sono riportate nel fotomontaggio. Anche lei avrebbe da ridire: viene indicata come autrice di un articolo assolutamente falso. Ecco, tanto per chiarire: il "protagonista" di questa balla potrebbe tranquillamente ritenersi diffamato e agire di conseguenza. Ma anche BrindisiReport e la collega potrebbero fare altrettanto.

Prendendo per buona l'ipotesi dello scherzo sfuggito di mano: è bene ricordare a tutti che social e app hanno una "potenza di fuoco" che spesso va oltre le intenzioni iniziali. Una foto inviata magari a cinque persone può diffondersi nel giro di poco a migliaia di utenti. Con conseguenze non previste. Come in questo caso. Non solo per il "protagonista" involontario della bufala.

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