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Cronaca

L'azienda spagnola si dilegua, la rabbia degli schiavi del fotovoltaico

BRINDISI – Alla fine “gli schiavi del fotovoltaico”, hanno deciso di liberare il blocco di via Bastioni San Giacomo a Brindisi, che ha paralizzato una delle principali vie di fuga del centro storico messapico per quasi tre ore. Sono le 20, minuto più o meno, quando il tam-tam della notizia raggiunge la sessantina di operai di colore dipendenti della Tecnova. Estenuati dall’estremo tentativo di capire in quale allucinante “truffa” erano incappati. E avevano cercato diligentemente, senza tensione, nonostante fossero “incazzati neri”, perché aspettano tre mesi di stipendio dai “fantasmi del sogno del silicio baciato dal sole”, di bussare all’ennesima porta che potesse fornire spiegazione. Non una elemosina, ma uno stipendio, qualcosa che si sono sudati: “Lavoriamo dalle 12 alle 22 ore e spesso non siamo neppure pagati”, ci avevano raccontato nella puntata precedente (vedi BrindisiReport del 22 marzo).

BRINDISI – Alla fine “gli schiavi del fotovoltaico”, hanno deciso di liberare il blocco di via Bastioni San Giacomo a Brindisi, che ha paralizzato una delle principali vie di fuga del centro storico messapico per quasi tre ore. Sono le 20, minuto più o meno, quando il tam-tam della notizia raggiunge la sessantina di operai di colore dipendenti della Tecnova. Estenuati dall’estremo tentativo di capire in quale allucinante “truffa” erano incappati. E avevano cercato diligentemente, senza tensione, nonostante fossero “incazzati neri”, perché aspettano tre mesi di stipendio dai “fantasmi del sogno del silicio baciato dal sole”, di bussare all’ennesima porta che potesse fornire spiegazione. Non una elemosina, ma uno stipendio, qualcosa che si sono sudati: “Lavoriamo dalle 12 alle 22 ore e spesso non siamo neppure pagati”, ci avevano raccontato nella puntata precedente (vedi BrindisiReport del 22 marzo).

Erano circa un migliaio all’inizio dell’anno, ne sono rimasti quasi 480 al confine tra San Pancrazio Salentino-Erchie ma anche a Collepasso, Ortelle, Spongano, Galatina e Francavilla Fontana. C’erano una volta i campi di cotone, nel terzo millennio ci sono i campi fotovoltaici, ci siamo evoluti ma la schiavitù è rimasta identica. Gli schiavi hanno le mani sporche del lavoro, i padroni quelle dei soldi. Ma di quei 55 euro al giorno per 7 ore di lavoro, così recitava il contratto, nemmeno l’ombra, da tre mesi. Nel corso dei quali l’ecatombe dei licenziamenti ha dimezzato le maestranze del 50%. Quelli che sono rimasti, invece,  hanno lavorato gratis, probabilmente, ma non lo sapevano. Chi protesta, licenziato. Chi si ammala, licenziato. Chi si assenta, licenziato. Chi perde un occhio, chiede di poter ricevere le giuste cure e presentare il certificato medico, licenziato.

Questo ci hanno raccontato, tra uno dei tanti campi del nuovo Eldorado, nella campagne tra Erchie e San Pancrazio dove, 48ore prima, i lavoratori di colore hanno deciso di scoperchiare il calderone assediando uno dei cantieri e d’allora il fuggi-fuggi generale. I responsabili di Tecnova (azienda spagnola che installa impianti fotovoltaici in mezzo Salento) non rispondono alle telefonate. I rappresentanti spagnoli dell’azienda guadagnano la strada del loro Paese allontanandosi in aereo intorno alle 14. A quell’ora agli operai in rivolta avevano promesso che qualcuno, intorno alle 17 si sarebbe presentato e avrebbe saldato i debiti. Ma dei “fantasmi del fotovoltaico” nemmeno un ectoplasma.

Così hanno deciso di spostarsi a Brindisi, dove ha sede un ufficio di Tecnova Italia, che non è Tecnova se non per rappresentanza. Il caos in via Bastioni è stato inevitabile. Dopo tre ore di presidio, l’intervento di controllo delle forze dell’ordine, “gli schiavi del nuovo Eldorado” hanno deciso di spostarsi tutti a Lecce per chiedere al prefetto, Mario Tafaro, di essere ascoltati e di cercare una mediazione con l’azienda, con una dignità di una certezza di diritti-doveri che molti da queste parti sembra abbiano ormai dimenticato.

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