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Cronaca

Marò, giurisdizione: ancora attesa

KOCHI – Il nodo della giurisdizione sull’incidente del peschereccio indiano, in cui sono morti due uomini dell’equipaggio e la cui responsabilità viene attribuita ai militari del nucleo di difesa antipirateria imbarcato sulla petroliera Enrica Lexie, sarà sciolto tra una settimana. Così ha deciso il giudice dell’Alta Corte del Kerala dopo aver ascoltato l’accusa di parte indiana e la difesa italiana, guidata dall'avvocato Suhail Dutt, dello studio legale Titus di New Delhi, che ha smontato tutte le tesi dell'accusa stessa sull'applicabilità della legge indiana nella cosiddetta zona economica esclusiva, il tratto di mare fino a 200 miglia nautiche che è di competenza dell'India per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse ittiche e naturali.

KOCHI – Il nodo della giurisdizione sull’incidente del peschereccio indiano, in cui sono morti due uomini dell’equipaggio e la cui responsabilità viene attribuita ai militari del nucleo di difesa antipirateria imbarcato sulla petroliera Enrica Lexie, sarà sciolto tra una settimana. Così ha deciso il giudice dell’Alta Corte del Kerala dopo aver ascoltato l’accusa di parte indiana e la difesa italiana, guidata dall'avvocato Suhail Dutt, dello studio legale Titus di New Delhi, che ha smontato tutte le tesi dell'accusa stessa sull'applicabilità della legge indiana nella cosiddetta zona economica esclusiva, il tratto di mare fino a 200 miglia nautiche che è di competenza dell'India per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse ittiche e naturali.

Dutt ha inoltre ribattuto all'obiezione dell'accusa secondo la quale l'ingaggio dei marò sulla petroliera per il servizio di antipirateria sarebbe frutto di una “trattativa privata” tra i mercantili italiani e lo Stato e che quindi i militari a bordo sarebbero dei semplici mercenari. “Nell'accordo c'è scritto chiaramente che quando sono in servizio hanno la funzione di agenti di polizia”, ha detto l’avvocato che rappresenta l’Italia e i due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Altro punto cruciale messo in rilievo oggi è quello del processo aperto alla Procura di Roma per omicidio a carico di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. “Non chiediamo la loro liberazione, ma solo la possibilità di giudicarli in base alla legge italiana”, ha precisato l’avvocato Suhail Dutt.

La seduta dell’Alta Corte del Kerala, durata oltre due ore, ha visto anche momenti di acceso dibattito di fronte al giudice A.K. Gopinathan, che si è mostrato sempre molto attento e puntiglioso. Il cavallo di battaglia degli avvocati del governo e delle famiglie dei due pescatori uccisi è stato quello di considerare il peschereccio indiano come “luogo dove è stato commesso il crimine” per giustificare l'applicazione extraterritoriale del codice penale indiano. Ma secondo gli italiani, vale il “principio della bandiera italiana” della petroliera Lexie dove si trovavano i marò. Dopo aver dichiarato chiuso il dibattito, il giudice si è riservato di comunicare la decisione sull'accettazione o meno del ricorso. Secondo quando ipotizzano fonti legali, il giudizio potrebbe prendere una settimana, ma sarà fissato solo con un giorno di anticipo.

Intanto il comandante del peschereccio indiano rivela al settimanale “Oggi” di non aver mai identificato la nave da cui erano partiti i colpi mortali da egli descritti come causa della morte di due dei suoi uomini. “Noi non abbiamo letto il nome della nave. Abbiamo solo visto che era una nave rossa e nera. È stata la polizia, a terra, a dirci quel nome”, Enrica Lexie. Freddy Bosco, il comandante del peschereccio St Anthony in cui sono morti due pescatori indiani, della cui morte sono accusati i due marò italiani, racconta così nell'intervista quei momenti del 15 febbraio scorso al largo del Kerala. “A me non interessa se i soldati italiani restano in carcere - aggiunge Bosco -. I morti sono morti, nessuno potrà più darceli indietro. Ma le famiglie di Valentine e Ajash non hanno di che vivere, io non ho più il mio lavoro, abbiamo diritto a un risarcimento”.

Sulla dinamica della sparatoria, il comandante spiega di essersi sdraiato per riposare, lasciando il timone al suo secondo, Valentine Jalestine, una delle vittime. «Era tutto tranquillo. Intorno c'era solo silenzio e una petroliera che si muoveva lenta». Poi Bosco ha sentito un rumore e si è svegliato: «Ho visto tutto quel sangue. Valentine aveva un buco nella testa. È stato allora che hanno ripreso a sparare. Sparavano dalla petroliera, in due”. Ed è in quel momento che anche Ajash Binki è morto “colpito sul petto”. La Enrica Lexie, comunque, ha avuto il via libera alla partenza dal ministero competente, al termine di una inchiesta preliminare. Ciò è contenuto in un rapporto presentato dal Dipartimento della Marina Mercantile (che dipende dal ministero della Navigazione) depositato all'Alta Corte del Kerala dove oggi si è discusso il ricorso sulla giurisdizione e anche la petizione dell'armatore sul rilascio della petroliera.

A Bruxelles, infine, il commissario agli esteri Catherine Ashton  ha incontrato una delegazione di europarlamentari italiani sulla vicenda dei due marò. “Ho assicurato i parlamentari italiani sul lavoro che sin dall'inizio abbiamo fatto, tanto personalmente, quanto tramite il nostro rappresentante ed i nostri servizi”, ha detto al termine la Ashton, la quale ha anche espresso il desiderio che si giunga ad “soluzione mutualmente accettabile il prima possibile”. Durante un incontro con gli eurodeputati italiani Mario Mauro e Roberta a Angelilli (Ppe), Antonio Panzeri (S&D) e Sonia Alfano (Alde), la Ashton ha informato dei contatti che il servizio diplomatico Ue ha avuto con le autorità indiane. Inoltre, si è detta personalmente impegnata a seguire la vicenda molto da vicino, e ha fatto riferimento alla “forte cooperazione con l'India nella lotta alla pirateria e alla volontà di lavorare insieme per prevenire simili incidenti”.

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