rotate-mobile
Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca San Vito dei Normanni

Operazione "The Wolf", Gianluca Lamendola in silenzio davanti al gip

Si è svolto l'interrogatorio del presunto boss di San Vito Dei Normanni, arrestato pochi giorni fa dai carabinieri in Emilia Romagna: era latitante

Ha preferito rimanere in silenzio. Il 34enne Gianluca Lamendola, ritenuto dai carabinieri e dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Lecce il "boss" del clan Lamendola - Cantanna (Sacra Corona Unita), è comparso questa mattina (martedì 21 novembre 2023) davanti al gip del Tribunale di Reggio Emilia, Andrea Rat, per l'interrogatorio di garanzia. Assistito dai due legali, Andrea D'Agostino e Gianvito Lillo del foro di Brindisi, si è avvalso della facoltà di non rispondere. E' apparso stanco, ma sostanzialmente tranquillo. E' detenuto nel carcere di Reggio Emilia, dopo che i carabinieri, sabato scorso, hanno posto fine alla sua latitanza, cominciata nel mese di agosto, con l'emissione del relativo decreto da parte del gip del Tribunale di Lecce.

L'interrogatorio e la posizione processuale

Il 34enne di San Vito Dei Normanni era sfuggito martedì 18 luglio 2023 a un blitz operato dai carabinieri della compagnia di San Vito Dei Normanni, guidati dal capitano Vito Sacchi e all'epoca dal tenente Alberto Bruno che (adesso è di stanza a Matera). Le indagini, coordinate dal pm della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Carmen Ruggiero, avevano fatto luce sugli affari di un presunto clan della Scu a San Vito e in città limitrofe. L'operazione "The Wolf" si è ufficialmente chiusa con la cattura di Lamendola. L'interrogatorio di garanzia si è tenuto, dalle 9:30, davanti al gip del Tribunale di Reggio Emilia, per rogatoria. La titolare del fascicolo resta sempre la gip del Tribunale di Lecce Maria Francesca Mariano.

Le accuse mosse al clan

Il silenzio è una scelta dettata dalla necessità di studiare approfonditamente il fascicolo e le accuse mosse a Lamendola. I suoi legali, D'Agostino e Lillo, stanno valutando le prossime mosse, compresa un'eventuale istanza al Riesame. Le ordinanze di custodia cautalere, a luglio, erano destinate a 22 soggetti. A proposito delle accuse, la stessa gip Mariano aveva chiosato: "I pestaggi, le estorsioni, i tentati omicidi, in 44 imputazioni che comprendono i reati di maggior disvalore penale del codice (escluso l'omicidio) sono tutti comportamenti espressione di una forza di intimidazione che aveva piegato il territorio sanvitese al volere dei Lamendola". L'indagine cristallizza le attività del presunto sodalizio mafioso, dal luglio 2020 fino a quasi tutto il 2022. Vengono descritte le lotte con altri soggetti del contesto criminale locale per la gestione dei traffici illeciti e le "contromisure" da prendere contro le indagini dei carabinieri.

Un presunto boss lucido ed esigente

Centrale è, com'è ovvio che sia, proprio il giovane sanvitese. Dalle carte emerge la figura di un "capo" lucido, esigente, che non disdegna la violenza. Non quella fine a se stessa, ma ragionata. Pretende lucidità nelle scelte e nelle azioni: Gianluca Lamendola deve potersi fidare dei propri uomini. E dunque questi non si devono drogare. La droga va bene quando la si spaccia, quando porta denaro nelle casse del clan. Ma un affiliato modello "non deve farsi". Infatti, nell'ordinanza vengono rievocati episodi nei quali il presunto boss sottopone i suoi sodali a drug test periodici. La sua forza è quella di farsi rispettare (con metodi per nulla ortodossi, ovviamente) anche tra la popolazione non criminale. Per motivi di carattere giudiziario, gli servirebbe un lavoro pulito. In un'occasione si rivolge a un imprenditore agricolo. Lamendola è pronto anche a offrirgli del denaro. L'imprenditore accetta di farlo lavorare nominalmente da lui, ma rifiuta il corrispettivo in denaro.

Controllo del territorio e punizioni

Per il gip il fatto che Lamendola sia un boss è fuori discussione: "Egli, forte del retaggio familiare, in pieno accordo con il padre (Cosimo Lamendola, 51 anni, ndr) e con il nonno (Carlo Cantanna, ndr), aveva affiliato un gruppo di uomini fidatissimi, di cui De Iaco (Adriano, 33 anni, il suo luogotenente, ndr) era il suo alter ego, passando a ferro e fuoco il territorio, imponendosi con la brutalita della forza, con spietatezza, con azioni dimostrative, estorcendo commercianti e gestendo fiumi di narcotraffico". E poi ci sono le regole. E, di conseguenza, le punizioni. Gli uomini del presunto sodalizio le infliggevano ai rivali o a coloro che sgarravano in modo tale che la vittima non scordasse più l'episodio. Non solo percosse e minacce, ma anche un taglio, a forma di croce, sulla spalla sinistra, un "marchio" indelebile realizzato con un oggetto acuminato. Per il gip "quel taglio, dal valore simbolico indiscusso, era il segno plastico e visibile della prevaricazione imposta e dalla vittima subita, dunque aveva lo stesso peso dei rituali di affiliazione, seppure in un diverso contesto e con funzione punitiva". 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Operazione "The Wolf", Gianluca Lamendola in silenzio davanti al gip

BrindisiReport è in caricamento