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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca San Vito dei Normanni

Altro scacco alla Scu, l'ascesa del clan: le accuse mosse dalla Dda

Dalla droga ai tentati omicidi, passando per le regole ferree. La chiosa del gip: "Comportamenti espressione di una forza di intimidazione che aveva piegato il territorio sanvitese al volere dei Lamendola"

SAN VITO DEI NORMANNI - "I pestaggi, le estorsioni, i tentati omicidi, in 44 imputazioni che comprendono i reati di maggior disvalore penale del codice (escluso l'omicidio) sono tutti comportamenti espressione di una forza di intimidazione che aveva piegato il territorio sanvitese al volere dei Lamendola". Questa chiosa, contenuta nell'ordinanza di custodia cautelare a carico di 22 persone arrestate ieri (martedì 18 luglio 2023), da parte del gip del Tribunale di Lecce Maria Francesca Mariano, spiega l'ascesa e il controllo del presunto sodalizio. E' l'operazione denominata "The Wolf". L'inchiesta, che è stata condotta dai carabinieri della compagnia di San Vito Dei Normanni, guidati dal capitano Vito Sacchi e dal tenente Alberto Bruno - coordinati dal pm della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Carmen Ruggiero - viene definita "dettagliatissima e assai curata in ogni particolare". L'indagine cristallizza le attività del presunto sodalizio mafioso, dal luglio 2020 fino a quasi tutto il 2022. Buona parte dell'inchiesta si concentra sul presunto boss del clan, Gianluca Lamendola, e sul suo "metodo di lavoro", basato su violenza - ragionata, ma pur sempre violenza - e intimidazione.

Gli indagati arrestati

Prima di analizzare i fatti ricostruiti dalla Dda leccese, ecco i nomi degli indagati in carcere: Gianluca Lamendola (34 anni, nato a Mesagne, residente a Brindisi); Cosimo Lamendola (51 anni, nato a Latiano, residente a Brindisi); Rosario Cantanna (49 anni, di Mesagne); Luca Balducci (29 anni, di Corato); Roberto Calò (40 anni, nato a Ostuni, residente a San Vito Dei Normanni); Angelo Potenzo Cardone (36 anni, nato a Cisternino, residente a Fasano); Pancrazio Carrino (41 anni, nato a Mesagne, residente a San Pancrazio Salentino); Maurizio D'Apolito (46 anni, nato a Milano, residente a Torre Santa Susanna); Adriano De Iaco (33 anni, nato a Mesagne, residente a San Vito Dei Normanni); Alessandro Elia (40 anni, di Brindisi); Domenico Fanizza (41 anni, di Fasano); Renato Loprete (47 anni, nato a Putignano, residente a Fasano); Bryan Maggi (33 anni, di Brindisi); Gionathan Manchisi (42 anni, nato in Germania, residente a Monopoli); Adriano Natale (41 anni, nato in Germania, residente a Carovigno); Domenico Nigro (23 anni, nato a Ostuni, residente a San Vito Dei Normanni); Giovanni Nigro (54 anni, di San Vito Dei Normanni); Giuseppe Prete (49 anni, nato a Ostuni, residente a San Vito Dei Normanni); Giulio Salamini (44 anni, di Taranto); Francesco Turrisi (47 anni, nato a Ostuni, residente a San Vito Dei Normanni); Noel Vergine (35 anni, nato a Taranto, residente a San Vito Dei Normanni). Ai domiciliari: Angelo Roccamo (77 anni, di Brindisi).

Le accuse al clan

A 15 indagati viene contestato il 416 bis, l'appartenenza a un'associazione per delinquere di stampo mafioso. Farebbero parte della Sacra Corona Unita e, in particolare, del clan "Lamendola - Cantanna", facente parte della frangia mesagnese della Scu, avente come referenti Antonio Vitale, Massimo Pasimeni e Daniele Vicientino, a cui era affiliato Carlo Cantanna gia condannato per associazione mafiosa, nonno di Gianluca Lamendola. Gli indagati devono rispondere, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, tentato omicidio, detenzione e porto illegale di armi da fuoco e da guerra, violenza privata, lesioni personali, estorsione, ricettazione, danneggiamento seguito da incendio e autoriciclaggio, tutti aggravati dal metodo mafioso, produzione, coltivazione, spaccio e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. Le "zone di competenza" del clan sono Brindisi, San Vito Dei Normanni, Latiano, Fasano, San Pancrazio Salentino, Carovigno e San Michele Salentino.

Il giovane boss e i suoi accoliti

Per gli inquirenti, il boss, come detto, è Gianluca Lamendola. Relativamente giovane, ha imposto la propria leadership incontrastata, arrivando a "fare la guerra" al rivale Turrisi, a fargli terra bruciata intorno. Quest'ultimo - stando anche alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Andrea Romano - avrebbe commesso uno "sgarro" in materia di droga. Il conflitto è aspro, Turrisi è in difficoltà, medita il contrattacco, ma viene riportato a più miti consigli. Dopotutto il nome di Lamendola ormai fa paura. Alla fine, dal punto di vista del contesto criminale, Turrisi viene messo da parte. Lamendola padre, Cosimo, è definito come "organizzatore". Per gli investigatori, gestiva la base operativa - la masseria di contrada Mascava - quale nascondiglio dello stupefacente e delle armi, vigilandola costantemente anche mediante ronde notturne. Inoltre, contribuiva alla gestione del traffico di stupefacenti. Nonostante sia un padre, si fida delle scelte del figlio e lo appoggia, talvolta consigliandolo. Ad aiutare Lamendola junior nella scalata c'è anche lo zio, Rosario Cantanna, di notevole caratura criminale. Un ruolo a parte lo merita Adriano De Iaco, praticamente il braccio destro del boss. De Iaco e Giovanni Nigro sono ritenuti responsabili, tra l'altro, di un tentato omicidio risalente al giugno 2022 (il caso non è trattato in questa indagine). Nelle carte di quell'inchiesta compare proprio il nome di Gianluca Lamendola.

L'uso sistematico della violenza

E a proposito di tentato omicidio, dalle indagini dei carabinieri emerge da un lato la spietatezza del clan, dall'altro il calcolo con il quale la violenza viene esercitata. Non deve mai essere fine a se stessa, ma deve avere uno scopo. Criminale, ovviamente. Il 5 luglio del 2020, a Latiano, due coniugi si affacciano da un balcone. L'uomo viene raggiunto da un colpo di pistola, la donna, fortunatamente, è incolume. Il motivo? Una banale lite tra donne in un parco. Ma una delle donne è sorella di un membro di spicco del sodalizio. Dunque è una "infamità" che va punita. Un altro caso che testimonia l'uso della violenza per permettere al clan di imporsi sul territorio risale al 14 novembre 2020. Alcuni membri del clan esplodono tre colpi di arma da fuoco contro due uomini, che fortunatamente se la cavano. Un ultimo esempio: il 6 maggio 2021 alcuni uomini si "travestono" da forze dell'ordine e fermano un uomo, simulando un arresto, con tanto di manette e lampeggiante. Da San Vito, lo portano a contrada Mascava, lo picchiano, lo minacciano e infine lo "marchiano" con un'incisione sulla spalla. E poi ci sono le estorsioni, le minacce, la droga. L'ordinanza riepiloga tutto il materiale raccolto dai carabinieri di San Vito durante le indagini: la scalata del presunto sodalizio mafioso ai vertici della criminalità locale. Ma proprio quando si sentivano "padroni" incontrastati del panorama illecito, hanno dovuto fare i conti con i militari e con la Dda di Lecce, che ieri hanno chiuso l'operazione con 22 arresti.

Gli interrogatori

Intanto, giovedì 20 luglio, gli arrestati sono stati convocati davanti al gip, Maria Francesca Mariano, per gli interrogatori di garanzia. Gli indagati sono difesi dai seguenti avvocati: Giuseppe Presicce, Giacomo Serio, Andrea D'Agostino, Giancarlo Camassa, Cinzia Cavallo, Michele Arcangelo Iaia, Mauro Durante, Vincenzo Nacci, Francesco Sozzi, Antonio Maurino, Livio Di Noi, Luigi Marinelli, Aldo Di Tommaso e Fabio Bisceglie.

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