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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca San Vito dei Normanni

La violenza come metodo e il "ritorno al passato": anatomia del sodalizio della Scu

L'inchiesta condotta dai carabinieri e dalla Dda svela le dinamiche interne al clan di San Vito Dei Normanni: ci sono regole ferree e punizioni corporali per chi sgarra. E anche drug test per gli affiliati

SAN VITO DEI NORMANNI - L'operazione "The Wolf", che ha condotto ai 22 arresti del 18 luglio, ha svelato dinamiche e affari, illeciti, del clan Lamendola - Cantanna in quel di San Vito Dei Normanni e in comuni limitrofi. Il gip Maria Francesca Mariano del Tribunale di Lecce ha riconosciuto la bontà dell'indagine condotta dai carabinieri sanvitesi, diretti dal capitano Vito Sacchi e dal tenente Alberto Bruno. Sotto la guida del pm della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Carmen Ruggiero, viene ricostruito un mondo interno al presunto sodalizio, fatto di violenza, prevaricazione e controllo. Il presunto boss Gianluca Lamendola - 34 anni, cranio rasato, barba lunga e sguardo tagliente - cerca di avere sempre il polso della situazione dentro e fuori il clan. Si impone, comanda, dà la caccia ai rivali. Le sue regole si rifanno a una mafia antica, mitizzata. Le consorterie criminali, storicamente, hanno sempre cercato di dotarsi di una patina di rispettabilità, magari alimentando la vulgata che vede gli uomini d'onore - in realtà, uomini del disonore - attenti a evitare di coinvolgere "innocenti" nelle faide, pronti a non toccare donne e bambini. La cronaca e la storia delle mafie dicono altro: è solo una patina, per l'appunto. Sotto, c'è la violenza, indirizzata contro chiunque attenti agli interessi dell'onoratà società.

Violenza e drug test

Gianluca Lamendola vuole fidarsi dei propri uomini. Questi devono essere lucidi, reattivi, pronti all'azione. Dunque non si devono drogare. La droga va bene quando la si spaccia, quando porta denaro nelle casse del clan. Ma un affiliato modello "non deve farsi". Infatti, nell'ordinanza vengono rievocati episodi nei quali il presunto boss sottopone i suoi sodali a drug test periodici. "Quando ti metti a terra con i piedi a terra la mattina, che prendi e vai, e vai a fare l'azione, allora è; non quando vi ubriacate, vi tirate, andate a fare le azioni, il giorno dopo poi siete conigli". Pensieri e parole del capo. Per il gip il fatto che Lamendola sia un boss è fuori discussione: "Egli, forte del retaggio familiare, in pieno accordo con il padre (Cosimo Lamendola, ndr) e con il nonno (Carlo Cantanna, ndr), aveva affiliato un gruppo di uomini fidatissimi, di cui De Iaco era il suo alter ego, passando a ferro e fuoco il territorio, imponendosi con la brutalita della forza, con spietatezza, con azioni dimostrative, estorcendo commercianti e gestendo fiumi di narcotraffico".

Il rispetto e la visione della donna

Ma Lamendola non è conosciuto solo nel mondo criminale. La sua forza è quella di farsi rispettare (con metodi per nulla ortodossi, ovviamente) anche tra la popolazione. Un esempio: nel gennaio 2021 il presunto boss è gravato dagli obblighi della sorveglianza speciale. Per avere libertà di movimento, gli servirebbe un lavoro pulito. Si rivolge a un imprenditore agricolo. Lamendola è pronto anche a offrirgli del denaro. L'imprenditore accetta di far lavorare nominalmente Lamendola da lui, ma rifiuta il corrispettivo in denaro. Poi, sintomatico della cultura mafiosa che Lamendola, per motivi di parentela, avrebbe respirato sin da piccolo è l'idea della donna. Praticamente, un oggetto di proprietà del maschio. Le parole del gip sono trancianti: "La donna, dunque, in questo scenario mafioso era pietra d'angolo di onore e disonore: onorava il marito-compagno andando a trovarlo in carcere, restandogli devota nel tramettere fedelmente gli ordini all'estemo del carcere, ricevendoli durante i colloqui e magari condividendo le strategie del gruppo; oppure esponeva il marito al disonore intrattenendo relazioni affettive libere mentre egli era detenuto".

Regole e punizioni "indimenticabili"

Ma se ci sono delle regole, ci sono anche le punizioni. Gli uomini del presunto sodalizio le infliggevano ai rivali o a coloro che sgarravano in modo tale che la vittima non scordasse più l'episodio. Non solo percosse e minacce, ma anche un taglio, a forma di croce, sulla spalla sinistra, un "marchio" indelebile realizzato con un oggetto acuminato. Per il gip "quel taglio, dal valore simbolico indiscusso, era il segno plastico e visibile della prevaricazione imposta e dalla vittima subita, dunque aveva lo stesso peso dei rituali di affiliazione, seppure in un diverso contesto e con funzione punitiva". Come detto sopra, ci sono regole da rispettare. Una è il rispetto verso le donne, stando a quanto sbandierato dai membri del sodalizio. Scrive sempre il gip: "Il rispetto delle donne, culminato nell'imposizione a Carrino (Pancrazio, 41 anni, affiliato), reo di una delle violenze sessuali indirette peggiori della letteratura di settore, prima di una detenzione domiciliare obbligata e poi del bando dall'associazione, è emblematico della struttura definita dal Lamendola, nella quale vige il divieto assolute di drogarsi, il rispetto verso il capo, l'ubbidienza agli ordini di un manipolo di uomini, tra cui spicca il braccio destro De Iaco (Adriano, 33 anni, ndr), addirittura dotato di autonomo potere decisionale". Insomma, un codice di comportamento ben definito. E chi sgarra, paga. Con costi molto alti.

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